venerdì 16 settembre 2011

Berlino VS Papa:quando un popolo libero dice no al dogma cattolico




Berlino vs. il Papa: quando un popolo libero dice no al dogma cattolico

Berlino non vuole il Papa. Molti politici non presenzieranno al suo discorso, molte persone scenderanno in piazza per protestare le politiche ecclesiastiche con tanto di preservativi in mano. La città si ribella.
Chi ricorda la cantantautrice irlandese Sinead O'Connor che in un famoso suo concerto strappò in diretta la foto di Papa Giovanni II? Ai tempi un simile atto suscitò forte scalpore. Il suo era un atto dimostrativo per esprimere indignazione verso la Chiesa per fatti connessi alla pratica della pedofilia. Era il 1992. In Italia il primo ingresso del Papa in Parlamento si ebbe nel 2002 con alcune contestazioni di deputati radicali, ma accolto benevolmente da tutte e da tutti, senza nessuno spirito critico. Il discorso fu un monologo e non un confronto, come spesso accade nelle visite di rappresentanti di stati laici. Nessun accenno si fece sul tema della pedofilia, sugli interessi economici e finanziari che il Vaticano detiene, sulle prese di posizioni internazionali che spesso questo Stato esprime nelle sedi internazionali, da ultimo l'opposizione alla moratoria contro la penalizzazione dell'omosessualità in diversi paesi, diventando, così, quasi complice di chi viola il diritto considerato dai cattolici invalicabile della vita di un essere umano. Nessun accenno alla delirante presa di posizione del Pontefice, oggi ancora più rafforzata, e della Chiesa sull'utilizzo dei contraccettivi, individuati come fonte di peccato. Si può, per questo, definire ancora capo di stato una persona che si intrufola in questioni che riguardano i comportamenti sessuali individuali? I profilattici per la Chiesa, quindi, non sono utilizzabili come precauzione alla trasmissione di malattie mortali, soprattutto nei paesi in via di sviluppo in cui la forte natalità comporta disagi sociali e cataclismi umani devastanti. In Germaniagiovedì 22 settembre 2011 si presenterà al Bundestag l'attuale Pontefice, Joseph Ratzinger, nella sua visita ufficiale alla sua terra natia. L'invito era stato espresso dal Presidente del Parlamento, Norbert Lammert (CDU), cattolico doc, il quale ha dato con entusiasmo notizia dell'accettazione del Papa. L'accettazione dell'offerta da parte del Papa ha visto la delegazione dei deputati dei Verdi decidere di disertare l'incontro e di abbandonare l'aula.

Invitare un capo di Stato che è anche rappresentante di una religione comporta diverse conseguenze, tra cui quello di dover invitare anche altri rappresentanti religiosi, in un'ottica di pluralismo culturale. La delegazione di parlamentari che uscirà dall'aula o che contesterà la presenza dell'autorità religiosa sta aumentando di giorno in giorno. Se prima la Linke, la sinistra tedesca, si era espressa cauta, tanto che l'anno scorso il presidente del gruppo aveva detto che l'iniziativa era accettabile in quanto “I capi di stato possono parlare al parlamento, quindi anche il Papa”, attualmente più della metà dei propri componenti di gruppo abbandoneranno gli scranni parlamentari per uscire a contestare.
L'organizzazione della mobilitazione che criticherà la politica sessuofoba del Ponteficecontraria alle pratiche contraccettive, priva di determinazione nel perseguire i colpevoli di reati di pedofiliaintrisa di omofobia manifesta in diversi discorsi del Papa, tra cui quello di considerare gli omosessuali come "malati" da curare, è affidata al comitato Der Papst kommt, a cui aderiscono diversi parlamentari della Linke, dei Verdi e di una parte dell'Spd. La dimostrazione del dissenso sulle posizioni della Chiesa avverse a un'educazione sessuale, responsabile, quanto autonoma, potrà vedere diversi manifestanti portare in mano, all'arrivo del Pontefice, dei preservativi. Un atto ecclatante, quanto nonviolento e determinato per asserire una critica forte a una miopia e a un'ipocrisia assunta dalla Chiesa riguardo la difesa della persona, della sua integrità e della sua salute. E' la prima volta che un Pontefice si siede in Parlamento in Germania, è un precedente,  che potrebbe mettere in serio pericolo la separazione tra Stato e Chiesa. In Germania l'arrivo di Benedetto XVI ha comportato il risveglio di una parte laica fortemente viva nel Paese, che  da anni sa fare i conti col proprio passato, condannando e ricordando le barbarie, l'olocausto e, quindi, anche l'omocausto, commesse da un regime, quello nazista, che annientava tutto ciò che venisse definito come "diverso", quindi pericoloso per un'omologazione utile per mantenere il controllo e il potere sulle coscienze. Oltre Berlino, anche a Friburgo, città altrettanto progressista, si vedono consiglieri comunali ed esponenti politici esprimere contrarietà all'arrivo del Papa. Un vero movimento si sta attivando potrà contaminare un'Europa che vuole affermare i valori laici e i diritti civili, di cui la sua storia è portatrice, fuori da ogni logica che vorrebbe attribuirle, erroneamente, un'unica, escludente e direi omologante radice cattolica.
Alessandro Rizzo


Fonte
http://www.gay.tv/news/attualita/berlino-papa-il-popolo-tedesco-si-ribella/


giovedì 15 settembre 2011

Benedetto XVI:"Il mondo ha bisogno di una chiesa povera e libera"



Brescia - Occorre pregare e lavorare "perché nasca un mondo fraterno in cui ognuno non viva per sé ma per gli altri": lo ha detto papa Benedetto XVI rivolgendo un saluto fuori programma alla piccola folla raccolta fuori dalla chiesa parrocchiale di Botticino Sera (Brescia) conclusa una breve visita alle spoglie di Sant'Arcangelo Tadini. Il pontefice ha così voluto anticipare alcuni temi che potrebbero costituire alcune delle chiavi di questa visita pastorale, quelli della carità e della solidarietà. Il Papa ha ringraziato i fedeli che lo attendevano nonostante la pioggia fuori dalla chiesa, per l' "accoglienza calorosa", segno - ha detto - di una "chiesa viva". A loro ha rivolto infine un saluto, una benedizione e l'augurio di buona domenica.
Preghiera a Piazza della Loggia Benedetto XVI durante il suo percorso in papamobile tra la parrocchia di Botticino Sera e il Duomo di Brescia si è fermato in Piazza della Loggia, davanti alla Stele che ricorda le otto vittime della strage del 28 maggio 1974. Una bomba fu fatta esplodere durante una manifestazione antifascista ed è tuttora in corso un processo che vede imputati alcuni militanti di Ordine Nuovo. Il Papa non è sceso dalla papamobile ma l'ha fatta fermare davanti alla targa, si è alzato in piedi, si è raccolto in preghiera ed ha fatto il gesto della benedizione.
Una chiesa "povera e libera", "così dev'essere la comunità ecclesiale, per riuscire a parlare all'umanità contemporanea" ed essere vicina alle sfide di oggi: crisi economica, immigrazione, educazione dei giovani. Lo ha detto papa Benedetto XVI nell'omelia della messa celebrata nel Duomo di Brescia, culmine di una sua visita pastorale nella diocesi. Parole riprese dal testamento spirituale di Paolo VI, al quale Ratzinger renderà omaggio qui e nella sua città natale, di cui ha sottolineato l'attualità. "L'incontro e il dialogo della Chiesa con l'umanità di questo nostro tempo stavano particolarmente a cuore di Giovanni Battista Montini in tutte le stagioni della sua vita". E dedicò tutte le sue energie - ha ricordato Ratzinger "al servizio di una Chiesa il più possibile conforme al suo signore Gesù Cristo, così che, incontrando lei, l'uomo contemporaneo possa incontrare Lui, perché di lui ha assoluto bisogno".
La "questione della Chiesa", del suo "disegno di salvezza" e del suo "rapporto col mondo", che tanto stava a cuore a Paolo VI, è anche oggi "assolutamente centrale" Citando parole dell'enciclica montiniana Ecclesiam suam, papa Ratzinger ha indicato tre concetti, "coscienza, rinnovamento, dialogo", che, a suo giudizio dovrebbero ispirare le relazioni tra Chiesa e "mondo moderno". La Chiesa dovrebbe, cioé, approfondire la "coscienza di se stessa", poi rinnovarsi guardando a Cristo, infine, coniugare la coscienza teologica con la vita vissuta. il che presuppone - ha detto - "una robusta vita interiore". Un rapporto, quello tra chiesa e mondo, che "gli sviluppi della secolarizzazione e della globalizzazione" hanno reso - ha sottolineato il papa - "ancora più radicale, nel confronto con l'oblio di Dio, da una parte, e con le religioni non cristiane dall'altra".

Anche il Papa ha bisogno di essere aiutato con la preghiera" anche se "tanti si aspettano" da lui "gesti clamorosi, interventi energici e decisivi": è uno dei tanti passaggi di Paolo VI citati da Benedetto XVI. La citazione è presa da un discorso del 1968 al Seminario lombardo, "mentre le difficoltà del post-concilio - ha ricordato Ratzinger - si sommavano con i fermenti del mondo giovanile". "Il Papa - disse allora Paolo VI, ripreso oggi da Benedetto XVI - non ritiene di dover seguire altra linea che non sia quella della confidenza in Gesù cristo, a cui preme la sua Chiesa più che non a chiunque altro. Sarà lui a sedare la tempesta". "Non si tratta tuttavia di un'attesa sterile o inerte - aggiungeva - bensì di attesa vigile nella preghiera. E' questa la condizione che Gesù ha scelto per noi", e "anche il Papa ha bisogno di essere aiutato con la preghiera".
L'importanza del celibato dei sacerdoti è stata sottolineata da Benedetto XVI che si è rivolto anche ai preti e ai seminaristi. Sul tema, particolarmente attuale nell'attesa dell' annunciata Costituzione apostolica per gli anglicani che potrebbe ammettere in qualche forma anche se con molti limiti il matrimonio per i sacerdoti, Paolo VI aveva scritto un'enciclica, che Benedetto XVI ripropone in questo Anno sacerdotale. "Preso da Cristo Gesù fino all'abbandono di tutto se stesso a lui - questo il passaggio dell'enciclica citato oggi da Benedetto XVI - il sacerdote si configura più perfettamente a Cristo anche nell'amore col quale l'eterno sacerdote ha amato la Chiesa suo corpo, offrendo tutto se stesso per lei...La verginità consacrata dei sacri ministri - ha aggiunto sempre citando Paolo VI - manifesta infatti l'amore verginale di Cristo per la Chiesa e la verginale e skoprannaturale fecondità di questo connubio".
Fonte

mercoledì 14 settembre 2011

Perseguitati perché gay.Sette storie.


14 settembre 2011
Il Guardian raccoglie una serie di racconti provenienti da ogni parte del mondo
Discriminati, offesi, a volte perseguitati. E’ la condizione in cui si trovano a vivere milioni di omosessuali in tutto il mondo. Il Guardian ha raccolto alcune storie di persone che sono state stigmatizzate per la loro sessualità.
BISI ALIMI, NIGERIA - Bisi Alimi, nigeriano, nel 2002 era uno studente universitario. Era in corsa per un elezione. Quando è stata resa pubblica la sua omosessualità il suo istituto ha istituito una commissione disciplinare per valutare il suo caso, e punirlo. Bisi è stato vicino al licenziamento. Molte volte non gli è stata riconosciuta la laurea conseguita. La sua morale – gli hanno ripetuto – non era all’altezza di un ex stidente universitario. Erano i tempi in cui il presidente Olusegun Obasanjo dichiarava che non c’erano omosessuali in Nigeria, e che la loro presenza non sarebbe mai stata permessa. Quando nell’ottobre è apparso in tv, ospitato da un amico conduttore di un talk show, per raccontare la sua storia, ha visto rivoltarsi contro di lui polizia e comunità intera. La reazione alle sue affermazioni su omosessualità e problema Hiv nella comunità gay è stata immediata e violenta. Bisi ha perso amici ed è stato ripudiato dalla famiglia. E’ stato isolato. Ognuno aveva paura di conoscerlo. Il suo ritorno in Nigeria dopo le accuse al governo del suo paese rese alla Bbc gli sono costate l’arresto.
NASSR, IRAQ - Nassr, iracheno, lavorava come traduttore per gli americani. Alla scoperta della sua omosessualità la sua casa è stata confiscata. Ha subito la violenza degli sciiti. Intimorito dai colpi di pistola esplosi contro di lui. Fuggito in Siria, da solo, senza famiglia, le milizie di fondamentalisti hanno catturato suo figlio maggiore. Ed ucciso. L’altro è stato torturato per arrivare ad avere informazioni sul padre.


SKYE CHIRAPE, ZIMBABWE - Skye Chirape, Zimbabwe, ha invece subito carcere, stupro “correttivo”, matrimonio forzato, esilio, percosse, per la sua omosessualità. Essere lesbica è sinonimo di disgrazia o vergogna in una terra dove si parla di omosessualità, in famiglia, in strada, nei media, solo per condannarla. le relazioni tra persone dello stesso sesso, in Zimbawe, sono illegali. Dopo sette anni di odissea, durante i quali ha subito un sequestro, Skye ha ottenuto l’asilo in Regno Unito. Ora lavorà lì, e segue un master in psicologia. Ed è fermamente convinta della necessità di dare visibilità, nella lotta a criminalizzazione e persecuzione, ad ogni discriminazione di cui è vittima la comunità LGBT. Per Skye sono due i mali che minacciano la società africana: l’odio e l’ignoranza, influenzati dalla religione.
ALI, SUDAN - Ali ed 11 suoi amici sono stati arrestati da agenti dell’intelligence sudanese durante una festa privata. Sono stai messi in celle di 1,5 metri quadrati. E privati di cibo per due giorni. Otto di loro sono stati colpiti con 100 frustate ciascuno. Ali è stato spogliato di ogni indumenti. Poi interrogato. Gli sono state rivolte domande su sessualità, amici, famiglia, attività nella comunità LGBT. “Vorrei poterti uccidere, ora”, gli è stato detto con una pistola rivolta alla testa. Ali è stato trascinato per le gambe, legato, bastonato fino alla perdita della conoscenza. In attesa del processo che lo avrebbe condannato a morte Ali è fuggito in un altro paese grazie ad un passaporto falso.


TARIK, TUNISIA - Tarik, tunisino, non vive nel suo paese. E non ha intenzione di tornarci. Nella sua terra essere gay può costare la prigione. Glielo hanno insegnato per prima all’interno del gruppo estremista religioso che aveva cominciato a frequentare: gli omosessuali dovrebbero essere gettati giù, gli dicevano. Essere gay è una conseguenza dell’azione del diavolo, ripetevano. Ora Tarik è altrove. Per non perdere se stesso. Le autorità per condannare l’omosessualità attivano vere e proprie campagne anti-gay, manipolano l’opinione pubblica, si sentono sollevate quando la polizia ammanetta un gruppo di persone che hanno relazioni con amanti dello stesso sesso. Tutti hanno la sensazione che si sta facendo un buon lavoro. Solo nelle località ricche si riesce a cavarsela. Ma se un gay nasce in un paese povero, racconta lo stesso Tarik, hanno due possibilità: o sposarsi, pregare ed essere buoni musulmani, o prostituirsi, farsi violentare da bisessuali ed essere trattati con disprezzo ed odio.
PAKISTAN - Un pakistano che decide di rimanere anonimo racconta il malessere dei gay che vivono in un paese in cui ogni partito politico condanna l’omosessualità ed afferma di non essere disposto ad accettare gli omosessuali. Combattere contro i gay in Pakistan è controproducente, dice. Una battaglia persa in partenza. Nonostante ci siano espressamente leggi anti-gay, risalenti al periodo coloniale, le azioni legali sono rare. Ma non mancano certamente i problemi. Solo chi è benestante riesce a trovare contatti con altri gay, attraverso il web e siti di incontri. Per gli altri discriminazioni e violenze sono dietro l’angolo.

ROWLAND JIDE MACAULAY, NIGERIA - La storia di Rowland Jide Macaulay è la storia di un ragazzo che dopo aver esternato la sua omosessualità ha perso ogni contatto con il padre. Dal genitore per anni ha ricevuto solo parole di insulto. Col tempo il padre è divenuto avvocato per le famiglie che hanno figli gay o lesbiche. La Nigeria, spiega la vittima, è una terra dove vive gente influenzata dalle campagne e dai titoloni dei giornali che rendono difficile per gente e persone anche solo relazionarsi agli omosessuali. I media alimentano l’odio.
fonte
http://www.giornalettismo.com/archives/147907/perseguitati-perche-gay-sette-storie/2/

martedì 13 settembre 2011

Bufera Chiesa spagnola, l'Arcivescovo di Granada, "la donna che abortisce può essere violentata"


Bufera Chiesa spagnola, l'Arcivescovo di 


Granada, "la donna che abortisce può essere violentata" 



Medici che attuano l'aborto come i soldati di Hitler o Stalin

 

Medici che attuano l'aborto come i soldati di Hitler o Stalin
"Uccidere un bambino indifeso, per mano della sua stessa madre, dà agli uomini il diritto, senza limitazioni, di abusare del corpo della donna".
Queste le parole dell'Arcivescovo di Granada in Spagna, ma c'è dell'altro l'alto prelato associa i medici che praticano l'aborto vengono paragonati ai soldati dei campi di concentramento di Hitler o Stalin.
Francisco Javier Martínez, questo il nome dell'Arcivescovo, ha parlato così ai fedeli che lo ascoltavano durante l'Omelia della passata domenica.
Poi se la prende con i politici dicendo: "Ci sono pochi esempi nella storia più tristi di quelli offerti dai nostri politici che hanno applautito e ratificato ciò che è divenuto un diritto: uccidere i bambini ancora nel grambo materno. E questo lo chiamano progresso?" - e poi continua il parallelo con Hitler e Stalin - "Credetemi che i crimini dei due dittatori sono meno ripignanti che l'aborto". - infine Monsignor Martinez conclude - "Esiste solo una medicina per questo crimine, il perdono che solo noi Cattolici conosciamo, un medico che ha praticato centinaia di aborti che poi si pente della propria meschinità ed abbraccia il Signore, una giovane ragazza abusata dal suo ragazzo o da suo padre avrà sempre una casa nella Chiesa".
"Questa non è una campagna "elettorale" - continua Martinez - "ma la libertà non la danno le Leggi umane, la da solo Dio".
Parole che in un paese come la Spagna stanno indignando moltissime persone e che hanno avuto un notevolissimo risalto su tutta la stampa nazionale.
Fonte

Ali Arga:"il Vaticano mi ordinò di sparare a Giovanni Paolo II


10 novembre 2010
L’attentatore intervistato dalla Tv pubblica turca: “Agostino Casaroli, segretario di Stato, mi commissionò il delitto”.
Rivelazioni scottanti quelle fornite da Mehmet Ali Agca, l’attentatore che nel 1981 sparò aGiovanni Paolo II, allora papa.L’ex ragazzo turco è stato intervistato dalla Tv pubblica del suo paese, per la quale ha rilasciato un colloquio esclusivo. Ed oggi sono i media internazionali, prevalentemente spagnoli, a raccontare il contenuto del suo colloquio con la TRT: il contenuto delle sue dichiarazioni sarebbe infattiesplosivo“Fu il Vaticano ad ordinarmi di sparare al Papa”, dice oggi Ali Agca.

NEI SACRI PALAZZI – L’attentatore tira in ballo un nome pesante: quello di Agostino Casaroli, cardinale Segretario di Stato pontificio dal 1979 al 1990, proprio nel periodo dell’attentato al Papa“Il governo Vaticano è dietro l’attentato del Papa”, dichiara Agca alla Tv turca; “il cardinale Casaroli, secondo uomo più importante del Vaticano, decise di metterlo in atto”. Secondo Agca, il piano era molto elaborato: egli aveva l’incarico, infatti, di incontrarsi e coordinarsi con un “agente del Vaticano” indicatogli da Casaroli in persona, chiamato solo col nome di “padre Michele”. “Mi incontrai varie volte con questa persona”, dice Ali Agca, “andammo anche in piazza San Pietro dove pianificammo l’attentato“. Agca, aggiungeEl Pais, si dice assolutamente sicuro che “ne la Cia ne il Kgb avevano intenzione di attentare alla vita del pontefice polacco” e che quindi la “pista sovietico-bulgara fu creata ad arte”.




IL PAPA SAPEVA – Due anni dopo il suo attentato, nel 1983, Giovanni Paolo II visitò il ragazzo turco in carcere. “Non gli raccontai nulla riguardo il mandante dell’attentato, perchè il capo della Chiesa Cattolica sapeva perfettamente che c’era il Vaticano dietro a tutto quello che era successo”, dice Agca in proposito. Insomma, rivelazioni importanti, che aspettano conferma. Già, perchè questa versione dei fatti è solol’ultima di una serie di dichiarazioni che Agca, detenuto nelle carceri italiane per 19 anni prima di essere indultato dal presidente della Repubblica Ciampi, ha già rilasciato riguardo l’esattadinamica di quel mattino del 1981. “Una volta ha ipotizzato un collegamento con i servizi segreti palestinesi“, ricorda EuroNews; “un’altra volta”, appunto, “la pista bulgara”. Per non parlare di quando, uscito dal carcere, si proclamò nuovo messia.
fonte
http://www.giornalettismo.com/archives/94440/ali-agca-attentato-papa-vaticano/2/