martedì 22 novembre 2011

I sospetti e il dibattito sulle Stigmate di Francesco Forgione (Padre Pio)




La vicenda di Padre Pio fu sempre accompagnata da un lato da manifestazioni di fede popolare ineguagliate per la loro intensità, e dall'altro da sospetti anche di alte personalità della Chiesa.
Di Padre Pio si sospettava innanzitutto una motivazione volta a procacciare un risultato economico (ancorché indiretto) da donazioni e lasciti attraverso una mitizzazione della persona. Questo sospetto fu in parte attenuato quando il frate designò la Chiesa di Roma come erede universale di tutte le sue cose. Parimenti, i flussi di denaro riguardanti le iniziative culminate nella costruzione della Casa Sollievo della Sofferenza, continuarono ad essere oggetto di illazioni e di scontro con le gerarchie ecclesiastiche. Il commercio di pezzuole apparentemente macchiate dalle stigmate (in realtà il sangue risultò poi essere sangue di gallina), andava, stando ai risultati dell'indagine, molto bene. A seguito dell'indagine in questione alcuni frati che avevano tradito il voto di povertà furono spostati altrove.
Riguardo alle stigmate, alcuni rapporti medici indicarono una possibile causa non soprannaturale: il medico napoletano Vincenzo Tangaro, che incontrò Padre Pio ed ebbe cura di osservarne le mani, scrisse in un articolo pubblicato dal Mattino: «Le stigmate sono superficiali e presentano un alone dal colore caratteristico della tintura di iodio». Altri medici, osservando il fenomeno, non furono in grado di determinarne la causa con certezza, ma parlarono in ogni caso di un possibile fenomeno artificiale e/o patologico. A titolo d'esempio, il professor Amico Bignami inviato dal Sant'Uffizio ad esaminare le stigmate scrisse nella sua relazione: «Le [stigmate]…rappresentano un prodotto patologico, sulla cui genesi sono possibili le seguenti ipotesi: a) …determinate artificialmente o volontariamente; b) …manifestazione di uno stato morboso; c) …in parte il prodotto di uno stato morboso e in parte artificiale… Possiamo… pensare che… siano state mantenute artificialmente con un mezzo chimico, per esempio la tintura di iodio. Ho notato... una pigmentazione bruna dovuta alla tintura di iodio. È noto che la tintura di iodio vecchia… diventa fortemente irritante e caustica».
L'ex abate della basilica romana di San Paolo, il teologo Giovanni Franzoni, riguardo al fenomeno delle stigmate di Padre Pio, ricorda il giudizio negativo di padre Agostino Gemelli e le diagnosi cliniche di Luigi Cancrini che parlavano di «istrionismo pulsionale» e di «necessità di mettersi in mostra». Per quanto riguarda le ferite alle mani Franzoni dichiarava: «Le stimmate sono una nota malattia della pelle. Le ho viste anche in persone che nulla avevano di santo. Padre Pio non è mai parso monastico e ritratto in se stesso, ma idolatrato e sovraesposto già da un’iconografia miracolistica».
Nuovi dubbi sull'origine soprannaturale delle stigmate sono stati avanzati dallo storico Sergio Luzzatto, che riporta la testimonianza del 1919 di un farmacista, il dottor Valentini Vista, e di una sua cugina, Maria De Vito, anch’essa titolare di una farmacia, ai quali Padre Pio ordinò dell'acido fenico e della veratrina, sostanze adatte per la loro causticità a procurare lacerazioni nella pelle simili alle stigmate. Chiamato a testimoniare dal vescovo di Foggia – monsignor Salvatore Bella – il dottor Vista si dichiarò colpito dalla richiesta di acido fenico puro che il frate aveva affidato alla confidenza di Maria De Vito e, persuaso che la richiesta fosse dettata da motivi innocenti, aveva consegnato alla cugina la bottiglia con l’acido. Ma la perplessità del farmacista si accentuò nel momento in cui padre Pio trasmise alla donna – sempre con la preghiera di mantenere il segreto– una seconda richiesta nella quale il frate sollecitava l’invio di quattro grammi di veratrina, una sostanza estremamente tossica e fortemente caustica. A quel punto il dottor Vista, condividendo i propri dubbi con la cugina Maria, suggerì a quest’ultima di non dare più seguito alle richieste del frate.
Una risposta ai dubbi suscitati dalle informazioni riportate da Luzzatto è arrivata dai giornalisti Saverio Gaeta e Andrea Tornielli autori del libro Padre Pio, l'ultimo sospetto. La verità sul frate delle stimmate, che hanno consultato i documenti del processo canonico. Secondo Gaeta e Tornielli la testimonianza della farmacista sarebbe poco attendibile in quanto in realtà presentata in Vaticano dall’arcivescovo di Manfredonia Pasquale Gagliardi, che loro dicono esser stato nemico giurato di Padre Pio.
I due giornalisti riportano inoltre la testimonianza del dottor Giorgio Festa che esaminò le stimmate del frate il 28 ottobre 1919 e nella sua relazione scrisse che esse «non sono il prodotto di un traumatismo di origine esterna, e che neppure sono dovute all’applicazione di sostanze chimiche potentemente irritanti».
Tuttavia, dai contenuti degli atti depositati in Vaticano, risulta che lo stesso padre Pio ammise di essersi procurato dell’acido fenico e della veratrina, giustificando la necessità di avere a disposizione queste sostanze con l’esigenza di dover disinfettare delle siringhe per quanto riguarda l’acido fenico, e con il bisogno di dover compiere uno scherzo ai propri confratelli per quanto riguarda la veratrina: afferma padre Pio di avere avuto l’intenzione di mischiare la veratrina al tabacco da fiuto per far starnutire irresistibilmente i confratelli. La richiesta di segretezza fu giustificata dal frate come rimedio per l’assenza di una ricetta medica. Esistono inoltre testimonianze scritte, in forma di lettere vergate da padre Pio, contenenti esplicita richiesta delle sostanze già menzionate. Inoltrando a Roma le testimonianze giurate del farmacista Valentini Vista e della cugina De Vito, il vescovo di Foggia, monsignor Bella, accluse un documento rappresentato da un foglio sul quale padre Pio aveva messo nero su bianco la richiesta di acido fenico:
«  Carissima Maria, Gesù ti conforti sempre e ti benedica! Vengo a chiederti un favore. Ho bisogno di avere da duecento a trecento grammi di acido fenico puro per sterilizzare. Ti prego di spedirmela la domenica e farmela mandare dalle sorelle Fiorentino. Perdona il disturbo. (ACDF, Santo Offizio, Dev. V. 1919, I, Cappuccini, P. Pio da Pietrelcina, doc. 14, p. 10)  »
Agli atti del Sant’Uffizio figura anche la trascrizione di una seconda lettera autografa del frate destinata a Maria De Vito:
«  Avrei bisogno di un 4 grammi di veratrina. Ti sarei molto grato, se me la procurassi costì, e me la mandassi con sollecitudine. (ACDF, Santo Offizio, Dev. V. 1919, I, Cappuccini, P. Pio da Pietrelcina, doc. 14, allegato 3, p. 28)  »

A settembre 2009, in occasione di un convegno su Padre Pio a San Giovanni Rotondo, il professor Ezio Fulcheri, docente di anatomia patologicaall’università di Genova e di paleopatologia all’università di Torino, ha invece dichiarato di aver esaminato molto materiale fotografico e documentario sulle stimmate di Padre Pio e su queste basi ha affermato: «Non posso immaginare quali sostanze permettano di tenere aperte le ferite per cinquant’anni, impedendone la naturale evoluzione [...] Più si studia l’anatomia e la fisiopatologia delle lesioni, più ci si rende conto che una ferita non può rimanere aperta com’è accaduto invece per le stimmate di Padre Pio, senza complicazioni, senza conseguenze per i muscoli, i nervi, i tendini. Le dita del frate stimmatizzato erano sempre affusolate, rosee e pulite: con ferite che trapassavano il palmo e sbucavano sul dorso della mano, avrebbe dovuto avere le dita gonfie, tumefatte, rosse, e con un’importante impotenza funzionale. Chi subisce lesioni come quelle, ha le dita rattrappite con sensibilità alterata. Per Padre Pio, invece, le evidenze contrastano con la presentazione e l’evoluzione di una ferita così ampia, quale ne sia stata la causa iniziale. Questo è ciò che dice la scienza».
Lo psichiatra Luigi Cancrini (Università La Sapienza di Roma), più recentemente, ha tentato di classificare Padre Pio secondo il DSM-IV (edizione aggiornata del manuale internazionale dei disturbi mentali). Secondo questa teoria le stigmate sarebbero quindi particolari sintomi di "conversione somatica" (vedi bibliografia), ovvero la moderna definizione dei disturbi somatici generati da una patologia psichiatrica di tipo isterico.
Secondo le biografie che riportano le testimonianze di persone che ebbero modo di assistere di persona alla preparazione del corpo per la sepoltura, sulla salma di Padre Pio non ci sarebbe stata alcuna traccia delle stigmate. Queste testimonianze sono confermate dalle fotografie scattate al corpo del santo subito dopo la sua morte.
Fonte:
Wikipedia

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