martedì 13 settembre 2011

Bufera Chiesa spagnola, l'Arcivescovo di Granada, "la donna che abortisce può essere violentata"


Bufera Chiesa spagnola, l'Arcivescovo di 


Granada, "la donna che abortisce può essere violentata" 



Medici che attuano l'aborto come i soldati di Hitler o Stalin

 

Medici che attuano l'aborto come i soldati di Hitler o Stalin
"Uccidere un bambino indifeso, per mano della sua stessa madre, dà agli uomini il diritto, senza limitazioni, di abusare del corpo della donna".
Queste le parole dell'Arcivescovo di Granada in Spagna, ma c'è dell'altro l'alto prelato associa i medici che praticano l'aborto vengono paragonati ai soldati dei campi di concentramento di Hitler o Stalin.
Francisco Javier Martínez, questo il nome dell'Arcivescovo, ha parlato così ai fedeli che lo ascoltavano durante l'Omelia della passata domenica.
Poi se la prende con i politici dicendo: "Ci sono pochi esempi nella storia più tristi di quelli offerti dai nostri politici che hanno applautito e ratificato ciò che è divenuto un diritto: uccidere i bambini ancora nel grambo materno. E questo lo chiamano progresso?" - e poi continua il parallelo con Hitler e Stalin - "Credetemi che i crimini dei due dittatori sono meno ripignanti che l'aborto". - infine Monsignor Martinez conclude - "Esiste solo una medicina per questo crimine, il perdono che solo noi Cattolici conosciamo, un medico che ha praticato centinaia di aborti che poi si pente della propria meschinità ed abbraccia il Signore, una giovane ragazza abusata dal suo ragazzo o da suo padre avrà sempre una casa nella Chiesa".
"Questa non è una campagna "elettorale" - continua Martinez - "ma la libertà non la danno le Leggi umane, la da solo Dio".
Parole che in un paese come la Spagna stanno indignando moltissime persone e che hanno avuto un notevolissimo risalto su tutta la stampa nazionale.
Fonte

Ali Arga:"il Vaticano mi ordinò di sparare a Giovanni Paolo II


10 novembre 2010
L’attentatore intervistato dalla Tv pubblica turca: “Agostino Casaroli, segretario di Stato, mi commissionò il delitto”.
Rivelazioni scottanti quelle fornite da Mehmet Ali Agca, l’attentatore che nel 1981 sparò aGiovanni Paolo II, allora papa.L’ex ragazzo turco è stato intervistato dalla Tv pubblica del suo paese, per la quale ha rilasciato un colloquio esclusivo. Ed oggi sono i media internazionali, prevalentemente spagnoli, a raccontare il contenuto del suo colloquio con la TRT: il contenuto delle sue dichiarazioni sarebbe infattiesplosivo“Fu il Vaticano ad ordinarmi di sparare al Papa”, dice oggi Ali Agca.

NEI SACRI PALAZZI – L’attentatore tira in ballo un nome pesante: quello di Agostino Casaroli, cardinale Segretario di Stato pontificio dal 1979 al 1990, proprio nel periodo dell’attentato al Papa“Il governo Vaticano è dietro l’attentato del Papa”, dichiara Agca alla Tv turca; “il cardinale Casaroli, secondo uomo più importante del Vaticano, decise di metterlo in atto”. Secondo Agca, il piano era molto elaborato: egli aveva l’incarico, infatti, di incontrarsi e coordinarsi con un “agente del Vaticano” indicatogli da Casaroli in persona, chiamato solo col nome di “padre Michele”. “Mi incontrai varie volte con questa persona”, dice Ali Agca, “andammo anche in piazza San Pietro dove pianificammo l’attentato“. Agca, aggiungeEl Pais, si dice assolutamente sicuro che “ne la Cia ne il Kgb avevano intenzione di attentare alla vita del pontefice polacco” e che quindi la “pista sovietico-bulgara fu creata ad arte”.




IL PAPA SAPEVA – Due anni dopo il suo attentato, nel 1983, Giovanni Paolo II visitò il ragazzo turco in carcere. “Non gli raccontai nulla riguardo il mandante dell’attentato, perchè il capo della Chiesa Cattolica sapeva perfettamente che c’era il Vaticano dietro a tutto quello che era successo”, dice Agca in proposito. Insomma, rivelazioni importanti, che aspettano conferma. Già, perchè questa versione dei fatti è solol’ultima di una serie di dichiarazioni che Agca, detenuto nelle carceri italiane per 19 anni prima di essere indultato dal presidente della Repubblica Ciampi, ha già rilasciato riguardo l’esattadinamica di quel mattino del 1981. “Una volta ha ipotizzato un collegamento con i servizi segreti palestinesi“, ricorda EuroNews; “un’altra volta”, appunto, “la pista bulgara”. Per non parlare di quando, uscito dal carcere, si proclamò nuovo messia.
fonte
http://www.giornalettismo.com/archives/94440/ali-agca-attentato-papa-vaticano/2/

Pedofilia:"Ratzinger si oppose alla rimozione di un prete nel 1985


9 aprile 2010
Lo scrive l’agenzia Apcom: il fatto è accaduto nel 1985, a proposito di un caso del Wisconsin. Replica della Santa Sede: “Ratzinger suggerì prudenza”. Intanto il New York Times ribatte: anche per padre Murphy il Vaticano bloccò il processo. E il giudice canonico è costretto ad ammetterlo.
L’Associated Press‘ rende nota l’esistenza di una lettera firmata nel 1985 da Joseph Ratzinger nella quale l’allora prefetto dellaCongregazione per la Dottrina della fede, oggi Papa, faceva resistenza alla riduzione allo stato laicale di un sacerdote pedofilo statunitense, padre Stephen Kiesle, spiegando che ciò avrebbe avuto conseguenze sul “bene della Chiesa universale“. La missiva, ottenuta dall’agenzia stampa statunitense, è parte della corrispondenza tra il Vaticano e la diocesi diOakland. A quanto riferito dall’AP, ilVaticano ha confermato la firma di Ratzingersulla lettera ma ha rifiutato di commentarne il contenuto.
RIMOZIONE NEGATA – E’ una lettera datata 1985 a firma Joseph Ratzinger, allora prefetto per la Congregazione della Fede, e confermata da Padre Federico Lombardi, ma l’ufficio stampa vaticano non ha voluto replicare nel merito sul contenuto, dichiarando che sui “casi singoli” estrapolati dal contesto non c’è nulla da rispondere. Nel 1981 la diocesi americana scrisse per chiedere la rimozione di Padre Kiesle, pedofilo e reo confesso; la Santa Sedeaspettò sei anni a concederla, lasciando il prete a contatto con la parrocchia. Ratzinger, in una lettera, disse di no per le “conseguenze e sulle ripercussioni che il gesto potrebbe avere nei confronti della comunità cattolica“.
LO SVENTURATO RISPOSE – Nella lettera in latino del novembre 1985 Ratzinger scrive che gli argomenti per la rimozione di Kiesle sono “di grande significato” ma aggiunge che tali azioni richiedono attenta revisione e più tempo. Il cardinale chiede al vescovo di assistere Kiesle «con la maggior cura paterna possibile» in attesa della decisione, secondo una traduzione fatta all’Ap daThomas Habinek, classicista della University of Southern California. Ma il futuro papa – sempre secondo l’Ap - notò che la decisione di spretare Kiesle doveva tener conto “del bene della chiesa universale” e del “danno che questa dispensa avrebbe provocato all’interno della comunità dei fedeli, particolarmente in considerazione della sua giovane eta“. Kiesle all’epoca aveva 38 anni.

LA REPLICA DELLA SANTA SEDE - Il sacerdote aveva già avuto problemi con la giustizia: nel 1978 era stato condannato a tre anni di libertà vigilata per atti osceni su tre ragazzi nella canonica di una chiesa di San Francisco. Alla fine del periodo di libertà vigilata, il prete aveva chiesto di lasciare il sacerdozio e la diocesi aveva inviato a Roma i documenti necessari. Un avvocato che rappresenta alcune delle vittim di KiesleIrwin Zalkin, ha detto di essere a consecnza della corrispondenza: “Il Cardinale Ratzinger – ha dichiarato all’Ap era più preoccupato di evitare lo scandalo che di proteggere i minori. Questo è un tema centrale“. La Santa Sede decide di replicare adesso che Ratzinger suggerì prudenza, non dispose che il prete rimanesse al suo posto“. E poi se la prende con gli “attacchi” al Papa. L’allora cardinale Ratzinger «non coprì il caso» del giovane prete pedofilo in California nell’85, ma chiese solo di studiarlo con «maggiore attenzione» per il «bene di tutte le persone coinvolte», dice all’ANSA padre Ciro Benedettini, vicedirettore della Sala Stampa Vaticana. «L’allora cardinale Joseph Ratzinger non coprì il caso ma, come si evince chiaramente dalla lettera - ha spiegato padre Ciro fece presente la necessità di studiare il caso con maggiore attenzione, tenendo presente il bene di tutte le persone coinvolte».
E PADRE MURPHY? – Intanto, il reverendo Thomas T. Brundage, prete cattolico che ha fatto da giudice ecclesiastico nel processo della Chiesa di Milwaukee negli anni ’90 e ha seguito il caso di Padre Murphy, il quale violentò 200 bambini sordiha riconosciuto che gli fu ordinato di fermare i processi nel 1998 dopo una precisa richiesta del Vaticano. Nell’articolo delNew York Times su Lawrence Murphy, il prete che per trent’anni abusò di ragazzi sordi, un file di una novantina di pagine  – su cui il quotidiano newyorchese ha basato la sua ricostruzione e la sua accusa – chiamava in causa il Vaticano, accusandolo di aver gestito il caso cercando di ridurre al minimo lo scandalo.
L’ERRORE - Il reverendo Brundage, in un articolo per un giornale cattolico, aveva fatto un distinguo: “Il Vaticano ha incoraggiato l’arcidiocesi di Milwaukee a fermare il processo” del prete pedofilo Murphy, ‘‘ma non ha usato un linguaggio forte e ordinato uno stop”, sosteneva. Il giudice canonico aggiungeva anche di non aver mai visto la lettera di mons. Rembert Weakland, l’arcivescovo di Milwaukee all’epoca dei fatti, che ordinava la sospensione del processo fino a quando non e’ stata pubblicata sul sito del New York Times, insieme agli altri documenti. Ma questa era una bugia. La scorsa settimana un giornale locale ha pubblicato una serie di documenti che dimostranoinvece che Brundage sapeva tutto. Tanto da consigliare per iscritto all’arcivescovo come scrivere una lettera per fermare ufficialmente il processo. Il documento del New York Times raccontava come due anni prima che Murphymorisse, i vescovi della zona avevano chiesto al Vaticano di metterlo sotto processo e allontanarlo dal sacerdozio, ricevendo una risposta con l’autorizzazione a procedere soltanto dopo un lungo ritardo. Il reverendo Brundage, giudice canonico incaricato del caso, ascoltò una dozzina di ragazze e sentì anche padre Murphy.
FERMI, BASTA COSI’ - Il Vaticano ordinò ai vescovi di fermare il processo tre mesi prima che il prete pedofilo chiedesse perdono a Ratzinger in una lettera. Ratzinger non rispose, ma in sua veceTarcisio Bertone, oggi segretario di Stato, scrisse una lettera per “consigliare” al vescovo le sole misure pastorali come pena, come mettere restrizioni al ministero di Murphy. Nella riunione vaticana che seguì qualche tempo dopo,Bertone disse che non c’erano abbastanza prove per istituire un processo contro il prete, e propose il ritiro spirituale per lui. Brundage oggi ammette che la storia andò così, e spiega di aver “dimenticato” le circostanze ricordate nei documenti pubblicati su internet, e che quindi il processo fu effettivamente chiuso, non per la sopraggiunta morte di padre Murphy, ma per decisione del Vaticano.
fonte
http://www.giornalettismo.com/archives/58620/pedofilia-1985-ratzinger-prete-pedofilo/2/