sabato 3 dicembre 2011

La Chiesa argentina fu complice della dittatura militare


Lo scrittore e storico Horacio Verbitsky accusa le autorità ecclesiastiche ricostruendo la storia politica del paese sud americano

GIACOMO GALEAZZICITTÀ DEL VATICANO
Bufera sui vescovi in Argentina. La Chiesa cattolica argentina «conosceva e approvava i metodi usati dai militari durante la dittatura». A documentare le accuse è lo scrittore Horacio Verbitsky, autore di una storia politica della Chiesa in quattro volumi e delle inchieste «Doppio gioco. L’Argentina cattolica e militare» e «Il volo». Le rilevazioni di un militare pentito sulla fine dei desaparecidos». A partire appunto dalla testimonianza del capitano di fregata Adolfo Scilingo che durante la dittatura aveva gettato in mare da un aereo trenta persone ancora vive (erano state sequestrate e torturate nella Scuola di meccanica della marina, il principale campo di concentramento della marina militare argentina): «La gerarchia ecclesiastica approvava questo metodo, perché era un modo “cristiano e poco violento” di morire».

Al ritorno dal primo volo, Scilingo era in preda ai sensi di colpa, ma il cappellano dell’Esma lo tranquillizzò citando la parabola biblica in cui si racconta della separazione del grano dall’erba cattiva. Rincara la dose Estela Carlotto, presidente dell’associazione di Plaza de Mayo :«Abbiamo sofferto sulla nostra pelle la complicità della Chiesa argentina con la dittatura militare. Tranne alcuni vescovi (4 o 5 che ci hanno sempre aiutato, insieme alla Chiesa di base) la Chiesa argentina è molto conservatrice. Pur sapendo quello che stava succedendo lo ignorò, tacque, non difese le vittime. Oggi la Chiesa argentina è più progressista e c’è una specie di riconoscimento della violazione dei diritti umani. Noi vogliamo, poiché il passato non è certo un capitolo chiuso, visto che non si sa dove sono finiti i desaparecidos, che la Chiesa fornisca una risposta precisa alla società argentina». Non è stato sufficientemente chiarito l’operato della Chiesa cattolica e, in particolare, di gran parte della sua gerarchia. Su diversi vescovi e su molti cappellani militari ricadono sospetti di complicità con la dittatura. Molti detenuti che riuscirono a sopravvivere alla tortura e ai campi di concentramento denunciarono il fatto che i cappellani militari assistevano i torturatori e addirittura collaboravano indirettamente agli interrogatori, cercando di spezzare la resistenza dei prigionieri. In tutti i casi coloro che si comportavano così si giustificavano dicendo che intendevano collaborare alla difesa del «cattolicesimo» e alla sconfitta del «comunismo» perché, secondo la versione dei militari, tutti i prigionieri erano comunisti.




Solo nel 1996 (a tredici anni dalla fine della dittatura militare) l’episcopato cattolico,attraverso la Conferenza episcopale, ha fatto un esame di coscienza nel quale si ammettono errori e responsabilità minori ma si rivendica, in generale, la metodologia di dialogo permanente che le autorità ecclesiastiche mantennero con i militari. Sia le vittime sia i carnefici, nelle loro testimonianze, parlano del ruolo della Chiesa cattolica nello sterminio di centinaia di persone durante la dittatura. «In ogni contingente militare c’era un sacerdote che aveva il compito di convincere i detenuti a collaborare con l’esercito- afferma Horacio Verbitsky-.Alcuni religiosi usavano l’uniforme da paracadutista e il presidente della conferenza episcopale, il cardinale Raúl Francisco Primatesta, aveva ricevuto un brevetto aereo ad honorem.


Nel 1976 il giornalista Jacobo Timerman, durante un pranzo con uno stretto collaboratore del capo della marina Emilio Massera, disse: “Sarebbe meglio introdurre la legge marziale e condannare gli imputati alla pena di morte, solo dopo averli sottoposti a un regolare processo”. Ma il collaboratore di Massera rispose: “In questo caso interverrebbe il Papa e sarebbe difficile proseguire con le fucilazioni”». Molti anni dopo anche il generale Ramón Genaro Díaz Bessone, teorico della cosiddetta guerra controrivoluzionaria, in un libro ammise che durante la dittatura avevano sequestrato e ucciso clandestinamente gli oppositori politici, senza introdurre la legge marziale, per paura delle reazioni del Vaticano:«Pensate al casino che il papa scatenò contro Francisco Franco nel 1975 quando fece fucilare tre persone. Sarebbe stato il finimondo. Non si possono fucilare settemila persone». Díaz Bessone alludeva al fatto che nel 1975 il dittatore spagnolo Francisco Franco, ormai in declino, ricorse alla pena di morte contro gli avversari politici nonostante la condanna di tutto il mondo, compresa quella di Paolo VI. «Tuttavia negli anni trenta il dittatore aveva ricevuto il sostegno dell’episcopato spagnolo e di Pio XI e Pio XII- sottolinea Horacio Verbitsky-.


Ma la situazione in Spagna era diversa, lì era stata combattuta una vera e propria guerra civile in cui anche gli avversari di Franco, i repubblicani, fucilarono molti nazionalisti, tra cui centinaia di sacerdoti. Invece in Argentina non si trattò di una guerra tra due gruppi armati avversari, ma di un’operazione di ingegneria sociale che andò ben oltre le contrapposizioni politiche. Un’operazione che poté contare su un apparato ideologico e dogmatico e una retorica da crociata. Il cardinale Raúl Francisco Primatesta una volta disse che lui non era un profeta del castigo, ma che bisognava agire e non limitarsi alle parole. “Può darsi che il rimedio sia duro, perché la mano sinistra di Dio, si dice sia paterna, ma può essere molto dolorosa”. Sinistra è l’espressione che è stata usata per indicare la repressione, il rapimento, la tortura e l’uccisione segreta degli oppositori». Oggi in Argentina, rimangono ancora molti capitoli oscuri o ancora da scrivere su quanto accadde allora, soprattutto sulle atrocità commesse dal regime e sulle complicità di persone e istituzioni con quanti commisero sistematicamente violazioni dei diritti umani. Resistono ancora «patti di silenzio», un muro di omertà per coprire fatti e persone, depistare l’informazione e impedire che venga alla luce tutta la verità. Molto di quanto accadde non è conosciuto dall’opinione pubblica e anche le autorità attuali, civili e militari, preferiscono che tali informazioni non arrivino al pubblico, per non «riaprire le ferite del passato» dicono.


Vi invito a guardare questo video:





martedì 22 novembre 2011

Ecco come viene usato l'8 per mille dello Stato italiano pagato dai contribuenti italiani



DPCM di ripartizione della quota statale dell’otto per mille dell’IRPEF dell’anno
2009
VISTO l’articolo 47, secondo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222, il quale dispone che, a
decorrere dall’anno finanziario 1990, una quota pari all’otto per mille dell’imposta sul reddito delle
persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a
scopi di interesse sociale e di carattere umanitario a  diretta gestione statale e, in parte, a scopi di
carattere religioso a diretta gestione della Chiesa Cattolica;
VISTO l’articolo 48 della predetta legge n. 222 del 1985, in base al quale le quote di cui al citato
articolo 47, secondo comma, sono utilizzate dallo  Stato per interventi straordinari per fame nel
mondo, calamità naturali, assistenza ai rifugiati e conservazione dei beni culturali;
VISTO l’articolo 3, comma 19, della legge  23 dicembre 1996, n. 664, secondo cui, ai fini
dell’attuazione dell’articolo 48 della legge 20 maggio 1985, n. 222, sono stabiliti con regolamento i
criteri e le procedure per l’utilizzazione dello  stanziamento del capitolo 6878 dello stato di
previsione del Ministero del tesoro per l’anno 1997 e corrispondenti capitoli per gli anni successivi;
VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, e successive modifiche e
integrazioni, con il quale è stato emanato il  regolamento recante criteri e procedure per
l’utilizzazione della quota dell’otto per mille dell’IRPEF devoluta alla diretta gestione statale;
VISTA la circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri 20 gennaio 2006, recante
“Modificazioni ed integrazioni alle modalità di presentazione delle domande di contributo per l’otto
per mille statale”;
VISTO l’articolo 2, comma 69,  della legge 24 dicembre 2003, n.  350, il quale dispone che
l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 47, comma 2, della  legge 20 maggio 1985, n. 222,
relativamente alla quota destinata allo Stato dell’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone
fisiche ( IRPEF) è ridotta di 80 milioni di euro annui a decorrere dal 2004;
VISTO l’articolo 1-quater, comma 4, del decreto-legge 5 ottobre 2004, n. 249, convertito in legge,
con modificazioni, dall’articolo 1 della legge 3 dicembre 2004, n. 291, il quale dispone che
l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 47, comma 2, della  legge 20 maggio 1985, n. 222,
relativamente alla quota destinata allo Stato dell’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone
fisiche (IRPEF) è ridotta di 5 milioni di euro a decorrere dal 2006;
VISTO l’articolo 1, comma 507 della legge 27 dicembre 2006, n.296, con il quale è disposto un
accantonamento per gli esercizi 2007, 2008 e 2009, non utilizzabile ai fini della ripartizione della
quota;
TENUTO CONTO che, per l’anno 2009, lo stanziamento del fondo della quota dell’otto per mille
dell’IRPEF, iscritto sul capitolo 2780 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle
finanze, è pari a euro 43.969.406,39;
RILEVATO che risultano pervenute n. 974 domande; 2
VISTA la nota prot. n. 997 CI. 19.04. 10/1.1 in data 11 maggio 2009, con la quale il Ministero per i
beni e le attività culturali – Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi ha chiesto di non voler
prendere in considerazione il progetto, trasmesso con istanza prot. n.534 CI. 19.04. 10/1.1 del 6
marzo 2009, per concorrere al procedimento di ripartizione della quota 2009 dell’otto per mille
dell’IRPEF a diretta gestione statale;
VISTA la nota prot.4337 in data 9 luglio 2009, con la quale il comune di Villanova Monteleone (SS)
ritira il progetto, trasmesso con istanza  prot. n.1488 del 9 marzo 2009, per concorrere al
procedimento di ripartizione della quota 2009 dell’otto per mille dell’IRPEF a diretta gestione
statale;
VISTA la nota prot. n. 45346 in data 27 luglio 2009, con la quale il Ministero per i beni e le attività
culturali – Direzione generale per gli archivi - Servizio IV ritira n.2 progetti trasmessi con istanza
prot. n. 5324 dell’11 marzo 2009, per concorrere al procedimento di ripartizione della quota 2009
dell’otto per mille dell’IRPEF a diretta gestione statale;
VISTA la nota del 10 settembre 2009 con la quale il Ministero dell’interno – Dipartimento per le
libertà civili e l’immigrazione – Direzione centrale per l’Amministrazione del Fondo Edifici di Culto
ritira n.2 progetti relativi alle chiese di San Bernardino in L’Aquila e San Francesco d’Assisi in
Chieti trasmessi con istanza prot. n.2720 del 16 marzo 2009, per concorrere al procedimento di
ripartizione della quota 2009 dell’otto per mille dell’IRPEF a diretta gestione statale;
CONSIDERATO che le regioni Trentino Alto Adige e Valle D’Aosta non hanno presentato richiesta
di contributo per nessuna delle tipologie previste dal regolamento;
CONSIDERATO che, a norma dell’articolo 5, comma 1, del regolamento citato, le domande devono
pervenire entro il 15 marzo di ogni anno;
CONSIDERATO che per l’anno 2009 il 15 marzo è caduto di domenica e quindi il termine per la
presentazione è stato spostato al lunedì 16 marzo e, pertanto, sono da escludere le domande di cui
all’allegato elenco n. 1, che risultano pervenute oltre il termine del 16 marzo 2009;
TENUTO CONTO che possono accedere alla suddetta ripartizione i soggetti  richiedenti, diversi
dalle pubbliche amministrazioni, che abbiano i requisiti di cui all’articolo 3, comma 2, e che,
pertanto, sono da escludere le domande di cui all’allegato elenco n. 2;
CONSIDERATO, inoltre, che non sono state ammesse all’ulteriore fase istruttoria le domande
ritirate dagli enti richiedenti nonché quelle che non rientrano nelle tipologie previste all’articolo 2, di
cui all’allegato elenco n. 3;
CONSIDERATO, altresì che, a norma dell’articolo 3, comma 1, del regolamento citato, possono
accedere alla ripartizione dello stanziamento le pubbliche amministrazioni nonché le persone
giuridiche e gli enti pubblici e privati, con esclusione del fine di lucro e  che, pertanto, sono da
escludere le domande di cui all’allegato elenco n. 4;
VISTE, infine, le valutazioni sfavorevoli espresse dalle amministrazioni competenti e dal Ministero
dell'economia e delle finanze per quanto attiene la riconducibilità del progetto alle fattispecie di cui 3
all'articolo 2 del regolamento citato, ovvero la relazione tecnica di cui all'articolo 6 dello stesso
regolamento, per gli interventi di cui all’allegato elenco n. 5;
CONSIDERATO che, secondo l’articolo 2, comma  1, del regolamento citato, sono ammessi alla
ripartizione della quota dell’otto  per mille gli interventi straordinari per fame nel mondo, calamità
naturali, assistenza ai rifugiati e conservazione di beni culturali;
VISTE le domande favorevolmente valutate dalle amministrazioni competenti e dal Ministero
dell'economia e delle finanze, riguardanti interventi che  sono diretti a realizzare le attività e gli
obiettivi indicati dall’articolo 2 del regolamento, che esulano dall’attività di ordinaria e corrente cura
degli interessi coinvolti, che non sono, per tale ragione, compresi nella programmazione e nella
relativa destinazione delle risorse finanziarie e  che comportano l’utilizzo  di risorse funzionali
all'iniziativa poiché ne consentono il completamento o la realizzazione di una parte dotata di
completa autonomia;
CONSIDERATO che l’esiguità dei fondi stanziati per l’anno 2009, a fronte dei finanziamenti
richiesti, impone un’attenta valutazione delle tipologie di intervento da ammettere ai benefici
previsti dalla legge 20 maggio 1985, n. 222;
VISTA la direttiva del Presidente del Consiglio, in data 20 luglio 2000, che detta criteri di esame e
selezione delle istanze di contributo, anche al fine di tenere conto delle osservazioni formulate nei
pareri espressi dalle competenti Commissioni del Senato della Repubblica e della Camera dei
deputati sugli schemi di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di ripartizione per gli anni
1998 e 1999, in quanto riconducibili  alla normativa esistente e ai principi generali dell'azione
amministrativa;
VISTO il decreto del Presidente  del Consiglio dei ministri del  16 gennaio 2009 concernente la
“Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione ai gravi eventi sismici che hanno colpito le
province di Parma, Reggio Emilia e Modena il giorno 23 dicembre 2008”;
VISTO il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 aprile 2009 recante la dichiarazione
dello stato d’emergenza in ordine agli eccezionali eventi sismici che hanno interessato la provincia
di L’Aquila ed altri comuni della regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009, e la nomina del Capo del
Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri a Commissario
delegato ai sensi dell’art.5, comma 4, della legge 24 febbraio 1992, n. 225;
VISTI i decreti del Commissario delegato rispettivamente n.3 del 16 aprile 2009 e n.11 del 17 luglio
2009, con i quali sono stati individuati i comuni interessati dagli eventi sismici che hanno colpito la
regione Abruzzo a partire dal 6 aprile 2009;
RITENUTO necessario a seguito dell’evento sismico che ha colpito le province di Parma, Reggio
Emilia e Modena il giorno 23 dicembre 2008 riservare parte della quota disponibile per l’anno in
corso per interventi straordinari di conservazione di beni culturali riferiti a taluni edifici di culto
particolarmente danneggiati dall’evento occorso;
RITENUTO necessario, a seguito del suddetto evento sismico che ha colpito la regione Abruzzo
nell’aprile 2009, riservare parte della quota disponibile per l’anno  in corso per gli interventi 4
straordinari riguardanti rispettivamente beni culturali siti nelle zone particolarmente danneggiate dal
sisma e aree gravemente compromesse dai dissesti provocati dalla medesima calamità naturale;
CONSIDERATA la straordinarietà  della situazione economico sociale determinatasi nelle aree
colpite da sisma e l’opportunità di privilegiare, per questo solo anno e in ragione di quanto accaduto,
i progetti relativi a quelle aree;
CONSIDERATA la puntuale verifica effettuata in merito all’attualità delle richieste avanzate
precedentemente all’evento sismico, con particolare riguardo allo stato dei luoghi;
CONSIDERATO che dalla suddetta verifica è emerso che l’intervento per il completamento del
restauro degli interni della Chiesa di San Biagio di Amiterno (già San Giuseppe) in L’Aquila,
oggetto di richiesta di finanziamento, non è più realizzabile in relazione all’attuale stato di grave
dissesto causato dallo stesso sisma;
RITENUTO necessario, altresì, utilizzare parte della quota disponibile per l’anno in corso per la
realizzazione di interventi straordinari per la conservazione dei beni culturali, per calamità naturali,
per assistenza ai rifugiati e per fame nel mondo, individuati in relazione alla particolare rilevanza e
al carattere particolarmente significativo, anche avuto riguardo alla distribuzione territoriale;
CONSIDERATO che gli interventi relativi alla conservazione dei beni culturali, di seguito riportati,
hanno ad oggetto beni compresi nelle zone gravemente colpite dagli eventi sismici prima indicati
ovvero perseguono, in modo particolare, l'interesse al restauro, valorizzazione e fruibilità di beni che
presentano un particolare valore  architettonico, artistico, storico, archeologico, etnografico,
scientifico, bibliografico ed archivistico;
CONSIDERATA l’opportunità di finanziare, in Apecchio (PU), in luogo del progetto relativo alla
Chiesa dei Santi Quirico e Giuditta, quello relativo al restauro, valorizzazione delle decorazioni
interne e consolidamento delle strutture della chiesa di Santa Lucia, come rappresentato dalla
Parrocchia San Martino di Apecchio, data la grave situazione in cui versa la Chiesa di Santa Lucia,
con rischio incombente della perdita del bene;
CONSIDERATO che gli interventi per calamità naturali, di seguito riportati, hanno ad oggetto aree
della Regione Abruzzo gravemente compromesse dal ricordato sisma dell’aprile 2009, ovvero - in
quanto ricadenti in aree denominate "a rischio molto elevato" ai sensi della legge 3 agosto 1998 n.
267, che ha convertito, con modificazioni, il  decreto legge 11 giugno 1998, n. 180, o in quanto
determinanti ai fini della riduzione del rischio idrogeologico incombente sui centri abitati -
perseguono, in modo particolarmente rilevante, l'interesse concernente la pubblica incolumità o il
ripristino di beni danneggiati o distrutti a seguito di avversità della natura, di incendi o di movimenti
del suolo;
CONSIDERATO che gli interventi di assistenza ai rifugiati, di seguito riportati, in modo
particolarmente rilevante, perseguono l'interesse di assicurare ai rifugiati medesimi nonché agli altri
soggetti di cui all'articolo 2, comma 4, del regolamento, l'accoglienza, la sistemazione, l'assistenza
sanitaria ed i sussidi previsti dalla vigente normativa;
CONSIDERATO che gli interventi per fame  nel mondo, di seguito  riportati, in modo
particolarmente rilevante, perseguono l'interesse dell'autosufficienza alimentare dei paesi in via di 5
sviluppo nonché della qualificazione di personale endogeno da destinare a compiti di contrasto delle
situazioni di sottosviluppo e denutrizione che  minacciano la sopravvivenza delle popolazioni ivi
residenti;
VISTI i pareri espressi dalle competenti Commissioni della Camera dei Deputati e del Senato della
Repubblica, rispettivamente il 27 ottobre 2009 e l’11 novembre 2009, sulla proposta di ripartizione
della quota dell’otto per mille dell’IRPEF devoluta alla diretta gestione statale;
CONSIDERATO che entrambe le Camere hanno espresso parere favorevole, a condizione che venga
garantito maggiore equilibrio territoriale fra le macro aree del Paese nel perseguimento di ciascuna
delle finalità previste dall’articolo 48 della legge n. 222 del 1985, che venga garantito un miglior
equilibrio tra le finalità di cui alla norma da ultimo citata, con  particolare riguardo alla categoria
“fame nel mondo”, che le risorse relative alla “conservazione  dei beni culturali” vengano
prioritariamente destinate a progetti presentati da enti territoriali, che per gli interventi destinati alle
zone colpite dal terremoto in  Abruzzo venga effettuata una puntuale verifica sull’attualità delle
richieste avanzate precedentemente all’evento sismico, con particolare riguardo allo stato dei luoghi
e al coordinamento con gli interventi previsti, in seguito al verificarsi del sisma;
CONSIDERATO che inoltre la Camera dei deputati ha individuato come ulteriore condizione che le
risorse destinate alla categoria “assistenza ai  rifugiati” non vengano concentrate su un unico
intervento rispetto ad altri progetti presentati meritevoli di attenzione;
RITENUTO di rimodulare il riparto delle risorse per gli interventi da finanziare, inserendo il
“Progetto per la realizzazione di un health service and school village for Mujwa in Kenia”, per
assicurare un miglior equilibrio tra le finalità previste dall’articolo 48 della legge n. 222 del 1985,
con particolare riguardo alla categoria “fame nel mondo”, in considerazione dell’indicazione in tal
senso espressa dalle Camere;
RITENUTO che, per quanto attiene alle ulteriori indicazioni delle  predette Commissioni
Parlamentari, nella proposta presentata il criterio del rispetto dell’equilibrio territoriale fra le macro
aree del Paese è già stato utilizzato unitamente ai  criteri di  straordinarietà, di rilevanza e di
particolare significatività degli interventi;
RITENUTO altresì che per la ripartizione delle  risorse relative alla “conservazione dei beni
culturali” non è utilizzabile, quale criterio autonomo di scelta degli interventi da finanziare, la mera
appartenenza dei beni oggetto dell’intervento a enti territoriali, non rinvenendo alcuna indicazione in
tal senso nel D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), nel D.P.R. n.
76 del 1998, nonché nella direttiva del Presidente del Consiglio del 20 luglio 2000;
CONSIDERATO inoltre che la verifica puntuale dell’attualità degli interventi  richiesti per la zona
colpita dal sisma nella regione Abruzzo è stata effettuata;
RITENUTO infine che la destinazione delle risorse relative alla categoria “assistenza ai rifugiati” su
un numero ristretto di interventi risponde alle indicazioni contenute  alla citata direttiva 20 luglio
2000 in ordine all’opportunità di convogliare le risorse su un numero ridotto di progetti significativi,
evitando la ripartizione a pioggia dei finanziamenti disponibili;
DECRETA: 6
art. 1
1. Per l’anno 2009, la quota di euro 43.969.406,39 dello stanziamento di cui all’articolo 47 della
legge 20 maggio 1985, n. 222, è destinata a far fronte agli interventi di seguito indicati:
ARCICONFRATERNITA DELLA SS. TRINITA' IN POPOLI – PESCARA
Interventi di restauro e risanamento conservativo della chiesa della SS. Trinità in
Popoli (PE) € 458.160,00
ASSOCIAZIONE CENTRO ASTALLI – ROMA
Progetto "Fare spazio all'accoglienza" € 207.397,08
ASSOCIAZIONE ENZO B. ONLUS – TORINO
Riabilitazione economica e sociale delle  donne vittime di violenza domestica e
dei loro figli in Addis Abeba – Etiopia € 68.150,48
ASSOCIAZIONE L'AFRICA CHIAMA ONLUS – FANO – PESARO E
URBINO
Iringa food security: campagna di prevenzione sulla sicurezza alimentare e
potenziamento di un programma per l'autosufficienza alimentare nel distretto di
Iringa – Tanzania
€ 144.050,48
ASSOCIAZIONE SOLETERRE – STRATEGIE DI PACE ONLUS – MILANO
Progetto “Desarrollo local y territorio estrategia de intervercion (sviluppo locale e
territorio strategia di intervento)” in El Salvador € 68.544,72
ASSOCIAZIONE VOLONTARIATO INSIEME A.V.I. ONLUS –
MONTEBELLUNA – TREVISO
Progetto per la realizzazione di un allevamento avicolo e di un allevamento ittico
presso il villaggio di Abradine –  sottoprefettura di Ykasse-Attobrou –
Dipartimento di Adzopé – Costa d'Avorio € 92.307,69
CASA DI RIPOSO LYDA BORELLI – BOLOGNA
Completamento dei lavori nella dépendance collegata alla Villa sede della casa di
riposo € 119.636,49
CHIESA DELLA BEATA ANTONIA – L'AQUILA
Interventi di consolidamento statico e recupero conservativo della chiesa della
Beata Antonia in L’Aquila  € 607.086,90
CHIESA DI SAN GIUSEPPE ARTIGIANO – L’AQUILA
Interventi di consolidamento statico e recupero conservativo della chiesa di San
Giuseppe Artigiano in L’Aquila € 722.877,88
CHIESA DI SANTA MARIA DEL  PONTE DI BUSSI SUL TIRINO –
PESCARA
Lavori di consolidamento statico e recupero conservativo della chiesa di Santa
Maria del Ponte in Bussi sul Tirino (PE) € 234.532,527
CHIESA SANTA MARIA DEL SUFFRAGIO – L’AQUILA
Lavori di consolidamento statico e recupero conservativo della chiesa di Santa
Maria del Suffragio in L'Aquila  € 391.481,68
CIR – CONSIGLIO ITALIANO PER I RIFUGIATI ONLUS – ROMA
Progetto "Ritrovarsi per ricostruire" – intervento di supporto al ricongiungimento
familiare attraverso l'assistenza lavorativa e alloggiativa in favore di rifugiati e
delle persone in protezione sussidiaria a: Roma, Milano, Verona, Udine/Gorizia,
Catanzaro € 2.250.028,74
CISV – COMUNITA’ IMPEGNO SERVIZIO VOLONTARIATO ONLUS –
TORINO
Sostegno alla sicurezza alimentare ed  alla microfinanza  in favore dei gruppi
urbani e rurali vulnerabili nella regione andina –  Dipartimenti di Quindio e
Risaralda – Colombia € 93.953,40
COMUNE DI ACQUASANTA TERME – ASCOLI PICENO
Completamento del consolidamento delle frazioni Capodirigo e Peracchia
soggette a movimenti gravitativi € 796.800,00
COMUNE DI BAGNI DI LUCCA – LUCCA
Bonifica del movimento franoso a seguito di eventi alluvionali su strada
comunale in frazione Riolo nel comune di Bagni di Lucca (LU)  € 587.640,00
COMUNE DI BAGNOREGIO – VITERBO
Interventi di consolidamento del versante settentrionale di Civita di Bagnoregio
(VT)  € 796.800,00
COMUNE DI BALMUCCIA – VERCELLI
Messa in sicurezza del versante soprastante via Roma e regimazione delle acque
superficiali (zona concentrico abitato) (VC) € 697.200,00
COMUNE DI BARETE – L’AQUILA
Interventi urgenti di consolidamento idrogeologico dei calanchi nel territorio del
comune di Barete in area a rischio molto elevato R4 € 498.000,00
COMUNE DI BARETE – L’AQUILA
Lavori di completamento della chiesa di San Paolo di Barete (AQ) € 239.808,42
COMUNE DI CASTRONOVO DI SICILIA – PALERMO
Intervento di consolidamento a salvaguardia del centro abitato in contrada
Cappuccini - Castronovo di Sicilia (PA) € 1.144.404,00
COMUNE DI FAGNANO ALTO – L’AQUILA
Intervento di consolidamento del versante sud-ovest nelle frazioni di Frascara
Ripa e Vallecupa nel comune di Fagnano Alto in area a rischio molto elevato R4 € 1.045.889,64
€ 370.130,758
COMUNE DI FIAMIGNANO – RIETI
Sistemazione di movimenti franosi in  località "Mercato"; stabilizzazione dei
versanti interessati, consolidamento e messa in sicurezza delle infrastrutture ed
abitazioni interessate dai fenomeni franosi
COMUNE DI FOSSA – L’AQUILA
Intervento di consolidamento del versante sud-ovest dell'abitato di Fossa (AQ) € 946.200,00
COMUNE DI GENGA – ANCONA
Completamento dei lavori urgenti di messa in sicurezza di tratti della strada
comunale Frasassi vulnerata dal crollo di massi rocciosi e della strada di accesso
al Santuario della Madonna di Frasassi vulnerate da frane da crollo € 597.600,00
COMUNE DI L'AQUILA
Interventi di conservazione, restauro,  valorizzazione e fruibilità delle mura
civiche della frazione di Assergi nel comune di L'Aquila € 544.471,37
COMUNE DI MONTELAPIANO – CHIETI
Interventi di consolidamento e risanamento della parete rocciosa sottostante il
centro storico di Montelapiano (CH) € 697.200,00
COMUNE DI NASINO – SAVONA
Sistemazione del moto franoso in atto in località Costa e Vignoletto in Nasino
(SV)  € 673.654,56
COMUNE DI PESCOPENNATARO – ISERNIA
Intervento di consolidamento del masso roccioso nel centro abitato del comune di
Pescopennataro (IS) € 159.360,00
COMUNE DI PIZZONE – ISERNIA
Sistemazione geotecnica del costone roccioso retrostante il centro abitato di
Pizzone (IS) € 796.800,00
COMUNE DI POPOLI – PESCARA
Interventi idraulici a protezione del centro abitato sull'asta del torrente Giardino –
II lotto € 619.512,00
COMUNE DI POPOLI – PESCARA
Recupero conservativo e consolidamento del castello dei Duchi Cantelmo  € 898.678,35
COMUNE DI SAN BENEDETTO IN PERILLIS – L’AQUILA
Intervento di consolidamento del sistema ipogeo dell'abitato nell'ambito del
territorio comunale di San Benedetto in Perillis (AQ) – progetto di
completamento I e II lotto funzionale € 1.294.800,00
COMUNE DI SAN DANIELE DEL FRIULI – UDINE
Intervento di restauro del tetto della chiesa di Sant'Antonio Abate in San Daniele
del Friuli (UD) € 55.595,929
COMUNE DI SAN MAURO FORTE – MATERA
Restauro conservativo della Torre Feudale € 153.104,72
COMUNE DI SCALA COELI – COSENZA
Interventi di consolidamento e messa in  sicurezza di aree interessate da rischio
R4 nel centro storico di Scala Coeli (CS) € 498.000,00
COMUNE DI VALLE CASTELLANA – TERAMO
Mitigazione del rischio relativo ai movimenti franosi in atto in corrispondenza
della frazione Pietralta in Valle Castellana (TE) € 826.680,00
COMUNE DI VALSINNI – MATERA
Intervento di consolidamento della parete a valle lato nord sovrastante piazza
Melidoro nel centro storico di Valsinni (MT) € 617.520,00
COMUNITA' DEI PADRI BENEDETTINI DELLA CONGREGAZIONE DEI
BENEDETTINI SUBLACENSI – ISOLA DI SAN GIORGIO MAGGIORE –
VENEZIA
Intervento di restauro architettonico della sacrestia palladiana della chiesa di San
Giorgio Maggiore (VE) € 537.217,50
COMUNITA' DELLE SUORE BENEDETTINE CELESTINE – L’AQUILA
Conservazione del complesso monumentale di San Basilio in L’Aquila € 700.153,14
CONFRATERNITA DI SANTA MARIA DELLA PURITA' – GALLIPOLI –
LECCE
Completamento del restauro e consolidamento della chiesa S. Maria della Purità
in Gallipoli (LE) – III stralcio € 368.160,20
CONGREGAZIONE SUORE DOMENICANE ANCELLE DEL SIGNORE IN
POPIGLIO – PITEGLIO – PISTOIA
Completamento della ristrutturazione, consolidamento statico e restauro del
complesso conventuale e della chiesa dei Santi Domenico e  Francesco per la
fruibilità al pubblico € 239.571,51
COOPERAZIONE INTERNAZIONALE SUD SUD – C.I.S.S. – ONG
PALERMO
Progetto di sostegno alle iniziative locali di sviluppo nel comune rurale di Ganki
– Mauritania  € 81.024,60
DIOCESI DI ALTAMURA-GRAVINA-ACQUAVIVA DELLE FONTI –
ALTAMURA – BARI
Interventi di restauro conservativo e consolidamento della Cattedrale dell'Assunta
di Gravina di Puglia (BA) € 1.309.294,03
DIOCESI DI CASSANO ALLO IONIO – CASSANO ALLO IONIO –
COSENZA € 1.142.261,6810
Interventi di consolidamento e restauro della Cattedrale e della sottostante cripta
di Cassano allo Ionio (CS)
DIOCESI DI GROSSETO – GROSSETO
Adeguamento della Cattedrale di Grosseto alle disposizioni per favorire il
superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche  € 109.062,00
DIOCESI DI RIETI – RIETI
Restauro del materiale cartaceo e pergamenaceo dell'archivio storico vescovile di
Rieti (RI) € 26.547,38
DIOCESI DI SULMONA-VALVA – SULMONA – L’AQUILA
Interventi di consolidamento statico e recupero conservativo della chiesa di Santo
Stefano Protomartire in Santo Stefano di Sessanio (AQ) € 345.487,50
FONDO SOLIDALE PER ADOZIONI A DISTANZA POZZO DI GIACOBBE
– FANO – PESARO E URBINO
Realizzazione di opere idriche per rifornire di acqua potabile il villaggio pilota di
Gasiza in Rwanda € 50.796,00
GRUPPO UMANA SOLIDARIETA' GUIDO PULETTI ONLUS –
MACERATA
Spazio donna: progetto di assistenza sanitaria a donne rifugiate e richiedenti asilo
ospiti del progetto € 141.113,28
IL SOLE – ASSOCIAZIONE PER LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
E LE ADOZIONI A DISTANZA ONLUS – COMO
Progetto di lotta alla fame attraverso  il microcredito nello stato dell'Andhra
Pradesh – India € 54.999,12
ISTITUTO CINEMATOGRAFICO DELL'AQUILA "LA LANTERNA
MAGICA" – L’AQUILA
Conservazione e restauro del patrimonio cinematografico dell'Istituto € 380.073,60
MINISTERO DELL'INTERNO – FONDO EDIFICI DI CULTO – ROMA
Intervento di restauro degli affreschi, dipinti su tela e coro ligneo della chiesa dei
Santi Severino e Sossio in Napoli € 1.162.332,00
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI – DIPARTIMENTO
PER I BENI ARCHIVISTICI E LIBRARI – DIREZIONE GENERALE PER
GLI ARCHIVI – SERVIZIO IV – ROMA
Archivio di Stato di L'Aquila – restauro n.47 volumi "archivio antico civico
aquilano" € 34.263,04
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI – DIREZIONE
GENERALE PER I BENI LIBRARI,  GLI ISTITUTI CULTURALI E IL
DIRITTO D'AUTORE – ROMA 11
Intervento di catalogazione SBN di 5.000 opere dei secoli XVI-XVIII della
Biblioteca Universitaria di Napoli € 66.368,47
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI – DIREZIONE
REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI PER
L'ABRUZZO – L’AQUILA
Interventi di consolidamento e restauro della chiesa di Santo Stefano Tornimparte
(AQ)  € 372.831,68
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI – DIREZIONE
REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI PER
L'ABRUZZO – L’AQUILA
Interventi di consolidamento statico e recupero conservativo della chiesa di Santa
Maria delle Grazie in Navelli fraz. Civitaretenga (AQ) € 699.909,12
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI – DIREZIONE
REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI PER
L'ABRUZZO – L'AQUILA
Interventi di scavo, restauro e valorizzazione dell'area archeologica nei pressi
della chiesa di Santa Maria di Centurelli – Caporciano (AQ) € 496.558,37
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI – DIREZIONE
REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI PER
L'ABRUZZO – L'AQUILA
Interventi di consolidamento statico e recupero conservativo di palazzo
Ardinghelli in L'Aquila € 1.149.135,00
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI – DIREZIONE
REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI PER
L'ABRUZZO – L’AQUILA
Intervento di consolidamento statico delle coperture della chiesa di Santa Maria
Assunta a Caporciano fraz. Bominaco (AQ) € 283.903,67
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI – DIREZIONE
REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI PER
L'ABRUZZO – L’AQUILA
Interventi di consolidamento statico e recupero conservativo della chiesa di San
Pietro fraz. Coppito (AQ)  € 447.164,16
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI – DIREZIONE
REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI PER
L'ABRUZZO – L’AQUILA
Lavori di consolidamento statico e recupero conservativo della chiesa del Beato
Andrea da Montereale (AQ) € 190.983,00
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI –
SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DELLA SARDEGNA – 12
CAGLIARI
Interventi di restauro, conservazione e manutenzione dei pavimenti a mosaico di
epoca romana ed interventi di valorizzazione del sito archeologico di Nora – Pula
(CA)  € 485.346,42
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI –
SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHITETTONICI E PER IL PAESAGGIO
DELLE MARCHE – ANCONA
Completamento della messa in sicurezza, consolidamento, restauro e
adeguamento impiantistico della Rocca di San Leo  € 136.268,19
MONASTERO BENEDETTINO DI SAN  GIOVANNI EVANGELISTA IN
PARMA
Interventi di restauro delle coperture, opere di miglioramento antisismico e
restauro pittorico delle cappelle del Bono e di Santa Francesca Romana € 149.400,00
MONASTERO DELLE SUORE CLARISSE SANTA MARIA MADDALENA
IN SANT’AGATA FELTRIA – PESARO E URBINO
Interventi di restauro e risanamento conservativo del complesso monumentale del
Monastero delle Clarisse  € 126.164,10
MUSEO SAN NICOLO' IN MILITELLO IN VAL DI CATANIA – CATANIA
Intervento di restauro di due statue lignee e cinque dipinti (di cui uno con
cornice) del Museo San Nicolò a Militello in Val di Catania (CT) € 26.962,19
PARROCCHIA DEI SANTI PIETRO  E PAOLO IN BADIA CAVANA
LESIGNANO DE’ BAGNI – PARMA
Interventi di restauro e consolidamento strutturale con miglioramento antisismico
della chiesa dei Santi Pietro e Paolo in Badia Cavana – Lesignano de' Bagni (PR) € 538.060,63
PARROCCHIA DI SAN BIAGIO IN BUSSI SUL TIRINO – PESCARA
Lavori di consolidamento statico e recupero conservativo della chiesa di San
Biagio Vescovo e Martire di Bussi sul Tirino (PE) € 119.865,70
PARROCCHIA DI SAN DEMETRIO MARTIRE IN SAN DEMETRIO NE'
VESTINI – L’AQUILA
Interventi di consolidamento, restauro e risanamento conservativo del campanile
della chiesa della Madonna dei Raccomandati in San Demetrio ne' Vestini (AQ) –
III lotto  € 170.178,72
PARROCCHIA DI SAN GIOVANNI IN AVEZZANO – L’AQUILA
Interventi di restauro, risanamento conservativo e valorizzazione della chiesa
parrocchiale di San Giovanni in Avezzano (AQ) € 412.263,48
PARROCCHIA DI SAN LORENZO MARTIRE IN ISOLA DEL LIRI –
FROSINONE
Interventi di consolidamento, restauro e recupero di palazzo Palermo da destinare
a spazi museali in Isola del Liri (FR) € 707.379,07
€ 577.294,8913
PARROCCHIA DI SAN LORENZO MARTIRE IN MOLINI DI TRIORA –
IMPERIA
Intervento di restauro conservativo della chiesa Santuario Nostra Signora della
Montà in Molini di Triora (IM)
PARROCCHIA DI SAN MARTINO DI APECCHIO – PESARO E URBINO
Restauro, valorizzazione delle decorazioni interne e consolidamento delle
strutture della chiesa di Santa Lucia in Apecchio (PU) € 318.720,00
PARROCCHIA DI SAN MARTINO  VESCOVO IN GAGLIANO ATERNO –
L'AQUILA
Lavori di completamento del restauro e consolidamento statico della parrocchia
di San Martino Vescovo in Gagliano Aterno (AQ) € 485.334,42
PARROCCHIA DI SAN MICHELE  ARCANGELO IN LANGHIRANO –
PARMA
Interventi di restauro, consolidamento e miglioramento antisismico della chiesa
di San Michele Arcangelo in Langhirano loc. Mattaleto (PR) € 567.720,00
PARROCCHIA DI SAN MICHELE ARCANGELO IN LESIGNANO DE’
BAGNI – PARMA
Interventi di restauro, consolidamento e miglioramento antisismico della chiesa
di San Michele Arcangelo in Lesignano de’ Bagni (PR) € 322.299,72
PARROCCHIA DI SAN NICOLA DI BARI IN OFENA – L’AQUILA
Interventi di consolidamento statico e recupero conservativo della chiesa di San
Giovanni Battista in Ofena (AQ) € 189.783,44
PARROCCHIA DI SAN NICOLA DI BARI IN OFENA – L'AQUILA
Lavori di consolidamento e restauro conservativo della chiesa di San Nicola di
Bari in Ofena (AQ)  € 343.878,96
PARROCCHIA DI SAN PANCRAZIO IN SAN PANCRAZIO – PARMA
Interventi di restauro, consolidamento e miglioramento antisismico della chiesa
di San Pancrazio in San Pancrazio (PR) € 267.926,90
PARROCCHIA DI SAN PANCRAZIO MARTIRE IN CARAPELLE
CALVISIO – L’AQUILA
Interventi di completamento del consolidamento statico e recupero conservativo
della chiesa della Beata Vergine Maria in Carapelle Calvisio (AQ) € 173.038,89
PARROCCHIA DI SAN PIETRO APOSTOLO IN TIZZANO VAL PARMA –
PARMA
Interventi di restauro, consolidamento e miglioramento antisismico della chiesa
di San Pietro apostolo in Tizzano loc. La Costa (PR) € 298.899,60
PARROCCHIA DI SAN ROCCO IN MONTORIO AL VOMANO – TERAMO
Restauro conservativo dell'organo della chiesa di San Rocco in Montorio al
Vomano (TE) € 206.968,8014
PARROCCHIA DI SAN VITALE IN SAN VITALE DI BAGANZA - SALA
BAGANZA – PARMA
Interventi di restauro, consolidamento e miglioramento antisismico della chiesa
di San Vitale in San Vitale di Sala Baganza (PR) € 317.743,57
PARROCCHIA DI SANT’ANTONINO MARTIRE – LOC. BARBIANO –
FELINO – PARMA
Riparazione, miglioramento antisismico, restauro scientifico e consolidamento
statico della chiesa di Sant’Antonino Martire  € 1.047.045,00
PARROCCHIA DI SANTA GIUSTA E SAN FRANCESCO SAVERIO IN
PENNA SANT'ANDREA – TERAMO
Interventi di restauro, valorizzazione ed adeguamento della chiesa di Santa Maria
de Podio in Penna Sant'Andrea (AQ) € 177.316,04
PARROCCHIA DI SANTA MARIA  NOVA IN GORIANO SICOLI –
L’AQUILA
Interventi di restauro e consolidamento statico della chiesa di Santa Gemma in
Goriano Sicoli (AQ) € 460.634,20
PARROCCHIA DI SANT'AMBROGIO VESCOVO IN BAZZANO – PARMA
Interventi di restauro, consolidamento e miglioramento antisismico della Pieve di
Sant'Ambrogio Vescovo in Bazzano (PR) € 543.635,30
PARROCCHIA SANTUARIO DI SANTA MARIA AD NIVES – CASALUCE
– CASERTA
Intervento di completamento del restauro della chiesa di Santa Maria ad Nives
nel complesso normanno di Casaluce (CE) € 983.833,97
PONTIFICIA UNIVERSITA' GREGORIANA – ROMA
Completamento del restauro del cortile maggiore dell'edificio sede dell'Università
Gregoriana in Roma € 457.444,83
PROGETTOMONDO MLAL – MOVIMENTO LAICI AMERICA LATINA –
ONG-ONLUS – VERONA
Progetto per la riduzione della denutrizione della popolazione scolastica e delle
donne in stato di gravidanza o post-parto nelle zone rurali della provincia di Nor
Chicas – Dipartimento di Potosì – Bolivia € 157.109,04
PROVINCIA DI PESARO E URBINO
Arginatura del tratto terminale del fiume Metauro fino alla foce nel comune di
Fano (PU) € 597.600,00
PROVINCIA DI PESARO E URBINO
Progetto per la realizzazione di un health service and school village for Mujwa in
Kenia  € 190.681,8715
PROVINCIA D'ITALIA DELLA COMPAGNIA DI GESU' – ROMA
Progetto di recupero del fondo librario antico dei Gesuiti italiani € 498.000,00
QUADRIENNALE DI ROMA – ROMA
Completamento del progetto di conservazione e tutela delle fonti documentarie
sull'arte contemporanea con catalogazione di n.8672 volumi della biblioteca della
Quadriennale di Roma  € 121.626,86
REGIONE SICILIANA – ASSESSORATO BENI CULTURALI – MUSEO
ARCHEOLOGICO REGIONALE A. SALINAS – PALERMO
Intervento di restauro dei materiali metallici conservati presso il Museo
Archeologico regionale A. Salinas di Palermo € 263.261,59
SOCIETA' GEOGRAFICA ITALIANA – ROMA
Obiettivo sul mondo: un secolo di viaggi e esplorazioni attraverso le immagini
dell'archivio fotografico della Società Geografica Italiana (1866-1956) € 126.452,16
TOTALE GENERALE € 43.969.406,39
art. 2
Alla spesa relativa agli interventi di cui all’art. 1, si farà  fronte con l’assegnazione di euro
43.969.406,39 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto al capitolo n. 2780
dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l’anno finanziario 2009.
Il presente decreto sarà trasmesso alla Corte dei conti per la registrazione e pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 27  novembre 2009
p. IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
                      GIANNI LETTA
firmato dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Gianni Letta
 Registrato alla Corte dei Conti in data 31 dicembre 2009 Reg. n.11, fg. N.195

Fonte:
http://www.governo.it/Presidenza/DICA/2_CONCERTAZIONE_AMMINISTRATIVA_MONITORAGGIO/Servizio_2/ottoxmille/normativa_ottopermille/dpcm_2009/dpcm_%202009.pdf   

I sospetti e il dibattito sulle Stigmate di Francesco Forgione (Padre Pio)




La vicenda di Padre Pio fu sempre accompagnata da un lato da manifestazioni di fede popolare ineguagliate per la loro intensità, e dall'altro da sospetti anche di alte personalità della Chiesa.
Di Padre Pio si sospettava innanzitutto una motivazione volta a procacciare un risultato economico (ancorché indiretto) da donazioni e lasciti attraverso una mitizzazione della persona. Questo sospetto fu in parte attenuato quando il frate designò la Chiesa di Roma come erede universale di tutte le sue cose. Parimenti, i flussi di denaro riguardanti le iniziative culminate nella costruzione della Casa Sollievo della Sofferenza, continuarono ad essere oggetto di illazioni e di scontro con le gerarchie ecclesiastiche. Il commercio di pezzuole apparentemente macchiate dalle stigmate (in realtà il sangue risultò poi essere sangue di gallina), andava, stando ai risultati dell'indagine, molto bene. A seguito dell'indagine in questione alcuni frati che avevano tradito il voto di povertà furono spostati altrove.
Riguardo alle stigmate, alcuni rapporti medici indicarono una possibile causa non soprannaturale: il medico napoletano Vincenzo Tangaro, che incontrò Padre Pio ed ebbe cura di osservarne le mani, scrisse in un articolo pubblicato dal Mattino: «Le stigmate sono superficiali e presentano un alone dal colore caratteristico della tintura di iodio». Altri medici, osservando il fenomeno, non furono in grado di determinarne la causa con certezza, ma parlarono in ogni caso di un possibile fenomeno artificiale e/o patologico. A titolo d'esempio, il professor Amico Bignami inviato dal Sant'Uffizio ad esaminare le stigmate scrisse nella sua relazione: «Le [stigmate]…rappresentano un prodotto patologico, sulla cui genesi sono possibili le seguenti ipotesi: a) …determinate artificialmente o volontariamente; b) …manifestazione di uno stato morboso; c) …in parte il prodotto di uno stato morboso e in parte artificiale… Possiamo… pensare che… siano state mantenute artificialmente con un mezzo chimico, per esempio la tintura di iodio. Ho notato... una pigmentazione bruna dovuta alla tintura di iodio. È noto che la tintura di iodio vecchia… diventa fortemente irritante e caustica».
L'ex abate della basilica romana di San Paolo, il teologo Giovanni Franzoni, riguardo al fenomeno delle stigmate di Padre Pio, ricorda il giudizio negativo di padre Agostino Gemelli e le diagnosi cliniche di Luigi Cancrini che parlavano di «istrionismo pulsionale» e di «necessità di mettersi in mostra». Per quanto riguarda le ferite alle mani Franzoni dichiarava: «Le stimmate sono una nota malattia della pelle. Le ho viste anche in persone che nulla avevano di santo. Padre Pio non è mai parso monastico e ritratto in se stesso, ma idolatrato e sovraesposto già da un’iconografia miracolistica».
Nuovi dubbi sull'origine soprannaturale delle stigmate sono stati avanzati dallo storico Sergio Luzzatto, che riporta la testimonianza del 1919 di un farmacista, il dottor Valentini Vista, e di una sua cugina, Maria De Vito, anch’essa titolare di una farmacia, ai quali Padre Pio ordinò dell'acido fenico e della veratrina, sostanze adatte per la loro causticità a procurare lacerazioni nella pelle simili alle stigmate. Chiamato a testimoniare dal vescovo di Foggia – monsignor Salvatore Bella – il dottor Vista si dichiarò colpito dalla richiesta di acido fenico puro che il frate aveva affidato alla confidenza di Maria De Vito e, persuaso che la richiesta fosse dettata da motivi innocenti, aveva consegnato alla cugina la bottiglia con l’acido. Ma la perplessità del farmacista si accentuò nel momento in cui padre Pio trasmise alla donna – sempre con la preghiera di mantenere il segreto– una seconda richiesta nella quale il frate sollecitava l’invio di quattro grammi di veratrina, una sostanza estremamente tossica e fortemente caustica. A quel punto il dottor Vista, condividendo i propri dubbi con la cugina Maria, suggerì a quest’ultima di non dare più seguito alle richieste del frate.
Una risposta ai dubbi suscitati dalle informazioni riportate da Luzzatto è arrivata dai giornalisti Saverio Gaeta e Andrea Tornielli autori del libro Padre Pio, l'ultimo sospetto. La verità sul frate delle stimmate, che hanno consultato i documenti del processo canonico. Secondo Gaeta e Tornielli la testimonianza della farmacista sarebbe poco attendibile in quanto in realtà presentata in Vaticano dall’arcivescovo di Manfredonia Pasquale Gagliardi, che loro dicono esser stato nemico giurato di Padre Pio.
I due giornalisti riportano inoltre la testimonianza del dottor Giorgio Festa che esaminò le stimmate del frate il 28 ottobre 1919 e nella sua relazione scrisse che esse «non sono il prodotto di un traumatismo di origine esterna, e che neppure sono dovute all’applicazione di sostanze chimiche potentemente irritanti».
Tuttavia, dai contenuti degli atti depositati in Vaticano, risulta che lo stesso padre Pio ammise di essersi procurato dell’acido fenico e della veratrina, giustificando la necessità di avere a disposizione queste sostanze con l’esigenza di dover disinfettare delle siringhe per quanto riguarda l’acido fenico, e con il bisogno di dover compiere uno scherzo ai propri confratelli per quanto riguarda la veratrina: afferma padre Pio di avere avuto l’intenzione di mischiare la veratrina al tabacco da fiuto per far starnutire irresistibilmente i confratelli. La richiesta di segretezza fu giustificata dal frate come rimedio per l’assenza di una ricetta medica. Esistono inoltre testimonianze scritte, in forma di lettere vergate da padre Pio, contenenti esplicita richiesta delle sostanze già menzionate. Inoltrando a Roma le testimonianze giurate del farmacista Valentini Vista e della cugina De Vito, il vescovo di Foggia, monsignor Bella, accluse un documento rappresentato da un foglio sul quale padre Pio aveva messo nero su bianco la richiesta di acido fenico:
«  Carissima Maria, Gesù ti conforti sempre e ti benedica! Vengo a chiederti un favore. Ho bisogno di avere da duecento a trecento grammi di acido fenico puro per sterilizzare. Ti prego di spedirmela la domenica e farmela mandare dalle sorelle Fiorentino. Perdona il disturbo. (ACDF, Santo Offizio, Dev. V. 1919, I, Cappuccini, P. Pio da Pietrelcina, doc. 14, p. 10)  »
Agli atti del Sant’Uffizio figura anche la trascrizione di una seconda lettera autografa del frate destinata a Maria De Vito:
«  Avrei bisogno di un 4 grammi di veratrina. Ti sarei molto grato, se me la procurassi costì, e me la mandassi con sollecitudine. (ACDF, Santo Offizio, Dev. V. 1919, I, Cappuccini, P. Pio da Pietrelcina, doc. 14, allegato 3, p. 28)  »

A settembre 2009, in occasione di un convegno su Padre Pio a San Giovanni Rotondo, il professor Ezio Fulcheri, docente di anatomia patologicaall’università di Genova e di paleopatologia all’università di Torino, ha invece dichiarato di aver esaminato molto materiale fotografico e documentario sulle stimmate di Padre Pio e su queste basi ha affermato: «Non posso immaginare quali sostanze permettano di tenere aperte le ferite per cinquant’anni, impedendone la naturale evoluzione [...] Più si studia l’anatomia e la fisiopatologia delle lesioni, più ci si rende conto che una ferita non può rimanere aperta com’è accaduto invece per le stimmate di Padre Pio, senza complicazioni, senza conseguenze per i muscoli, i nervi, i tendini. Le dita del frate stimmatizzato erano sempre affusolate, rosee e pulite: con ferite che trapassavano il palmo e sbucavano sul dorso della mano, avrebbe dovuto avere le dita gonfie, tumefatte, rosse, e con un’importante impotenza funzionale. Chi subisce lesioni come quelle, ha le dita rattrappite con sensibilità alterata. Per Padre Pio, invece, le evidenze contrastano con la presentazione e l’evoluzione di una ferita così ampia, quale ne sia stata la causa iniziale. Questo è ciò che dice la scienza».
Lo psichiatra Luigi Cancrini (Università La Sapienza di Roma), più recentemente, ha tentato di classificare Padre Pio secondo il DSM-IV (edizione aggiornata del manuale internazionale dei disturbi mentali). Secondo questa teoria le stigmate sarebbero quindi particolari sintomi di "conversione somatica" (vedi bibliografia), ovvero la moderna definizione dei disturbi somatici generati da una patologia psichiatrica di tipo isterico.
Secondo le biografie che riportano le testimonianze di persone che ebbero modo di assistere di persona alla preparazione del corpo per la sepoltura, sulla salma di Padre Pio non ci sarebbe stata alcuna traccia delle stigmate. Queste testimonianze sono confermate dalle fotografie scattate al corpo del santo subito dopo la sua morte.
Fonte:
Wikipedia

martedì 15 novembre 2011

Possessioni demoniache, rapiti dagli alieni? Forse è solo un disturbo del sonno

Allucinazioni alla Bosch? No, un disturbo del sonno



MILANO - Possessioni demoniache, esperienze extracorporee, rapimenti di alieni: nessuno finora ha mai saputo trovare una spiegazione soddisfacente a tutto questo. C'è del vero o chi racconta questi fatti è irrimediabilmente un ciarlatano? Oggi, secondo uno studio pubblicato sulleSleep Medicine Reviews, si scopre che demoni e presenze maligne potrebbero essere il frutto niente affatto sovrannaturale di un disturbo del sonno poco conosciuto, la paralisi ipnagogica.
STUDIO – Brian Sharpless, psicologo dell'università della Pennsylvania, si è messo a rivedere i dati di 35 ricerche sul tema condotte negli ultimi 50 anni, che hanno coinvolto oltre 36mila persone in tutto il mondo. 
Sharpless voleva capire innanzitutto quanto è comune la paralisi ipnagogica, una condizione che si verifica più spesso nelle fasi di addormentamento o di risveglio nella quale i muscoli volontari sono paralizzati, mentre i movimenti oculari e respiratori restano intatti; nei pochi minuti di paralisi che ai pazienti sembrano eterni è come se il corpo fosse già entrato o ancora immerso in una condizione di assoluto riposo, mentre il cervello è già sveglio e attivo. 


In questi momenti di transizione il paziente spesso ha delle allucinazioni, e sono queste che potrebbero spiegare le strane esperienze riferite da chi sostiene di essere posseduto oppure di essere stato rapito dagli alieni. «Non c'erano finora dati precisi circa la frequenza del disturbo, così ho rianalizzato tutte le ricerche precedenti e un mio recente studio condotto in soggetti di diverse età e caratteristiche – spiega Sharpless –. 


I risultati indicano innanzitutto che il problema è relativamente frequente: circa l'8 per cento della popolazione ha avuto un episodio almeno una volta nella vita, ma c'è pure chi ne ha tutte le notti».


STUDENTI E PAZIENTI – La frequenza della paralisi ipnagogica si impenna però in due gruppi di persone: gli studenti giovani, dove la prevalenza arriva al 28 per cento, e i pazienti con disturbi psichiatrici, fra cui si arriva al 32 per cento od oltre (in chi soffre del disturbo di panico, ad esempio, si sale fino al 35 per cento). 


Tutto ciò forse si spiega con i motivi che più spesso sono alla base del problema, ovvero mancanza di sonno, stress, ritmi di vita irregolari. Il problema è assai poco piacevole, viste le allucinazioni che accompagnano la paralisi: nella maggior parte dei casi il paziente “sente” la presenza di un intruso, oppure un senso di oppressione al petto accompagnato dall'idea di essere aggrediti, oppure ancora si ha la sensazione di fluttuare al di fuori del proprio corpo e levitare. 


Quasi tutti sono impauriti, si sentono impotenti; moltissimi poi pensano di essersi svegliati, ma sono invece ancora immersi nel sogno. Così, ecco spiegate possessioni, rapimenti alieni ed esperienze extracorporee: secondo Sharpless è tutta colpa della “paralisi nel sonno” e delle sue allucinazioni visive, tattili, uditive e olfattive, che poi nelle diverse culture prendono “colori” diversi. Ce n'è pure testimonianza in un grande romanzo, Moby Dick, quando Ismaele “sente” un'oscura presenza malevola nella sua stanza, di notte. 


«Per chi soffre spesso di episodi di paralisi ipnagogica andare a dormire può essere un incubo, sono pochi quelli a cui piacciono le sensazioni provate durante le fasi di paralisi – osserva Sharpless –. Ora che sappiamo che si tratta di un disturbo non così raro, dobbiamo chiederci come riconoscerla e come aiutare i pazienti, quando la paralisi ha un impatto negativo sulle loro vite».

Elena Meli15 novembre 2011 10:17

domenica 30 ottobre 2011

-Wojtyla,in arte Giovanni Paolo II-


Karol Wojtyła, in arte Giovanni Paolo II (Wadowice, Cracovia 1920 – Città del Vaticano 2005), papa (1978-2005),
appena divenuto papa nel 1978 diede la prelatura personale alla congrega occulta dell’Opus Dei, ufficialmente una prelatura personale, in pratica un’autonomia giuridica dentro la Chiesa, la stessa considerata pericolosa dalla chiesa stessa. L’Opus Dei, anche detta Octopus Dei, “la piovra di Dio”, in riferimento alla struttura mafiosa dell’istituzione quanto mai segreta, detiene il controllo di circa una cospicua catena di banche ed un’infinità di aziende nel mondo. La stessa Opus Dei che tutt’oggi aliena i beni materiali dei nuovi adepti e, come è stato ampiamente dimostrato in seguito a testimonianze dirette dei fuoriusciti, li depersonalizza fino a renderli psicolabili, spesso causandone il suicidio; la stessa Opus Dei che al pari della mafia si è resa responsabile di misteriosi suicidi-omicidi noti e meno noti. Vogliamo credere che il papa non sia mai stato a conoscenza dell’identità sociale e politica dell’Opus Dei da lui stesso autorizzata, da lui stesso sostenuto per ben 27 anni?

Il fondatore dell'Opus Dei, José María Escrivá de Balaguer (Barbastro 1902 – Roma 1975), fu amico e consigliere del dittatore fascista - stragista Francisco Franco. José María Escrivá de Balaguer, fascista, amico e consigliere del dittatore fascista - stragista Francisco Franco fu proclamato beato nel 1992, e canonizzato nell’ottobre del 2002 da Giovanni Paolo II.
All’inizio degli anni ’80 Giovanni Paolo II difende la strategia nucleare e ne accetta il principio. L’11 Giugno 1982 dichiara: 

L’episcopato francese condivide senza riserve dichiarando che: 
"Al contrario non fu mai espressa una condanna altrettanto ferma nei confronti del nazi fascismo."


La gente che crede di amarlo è perché non conosce la verità.




Tra 1976 e il 1983 durante la dittatura cilena di Augusto Pinochet poté portare fino in fondo il suo piano di terrore grazie all’acquiescenza delle diplomazie internazionali. Tra persone bruciate nei forni, gettate in fosse comuni oppure in mare aperto con i cosiddetti “voli della morte”, gestiti con macabra efficienza dall’Aeronautica militare, il quale le stime ufficiali hanno calcolato che morirono un milione di persone. 

La “sparizione forzata” è oggi considerata dal Tribunale penale internazionale e dalle Nazioni Unite un crimine contro l’umanità. Dopo il crollo delle dittature, in America latina furono istituite molte commissioni per indagare sulle sparizioni avvenute nei decenni precedenti e molti personaggi politici e militari (tra cui gli ex dittatori del Cile e dell’Argentina, Augusto Pinochet e Jorge Videla) furono inquisiti e in alcuni casi condannati. La dittatura argentina (che causò anche più di un milione di fuoriusciti) anche indifferenti alle denunce di alcune organizzazioni umanitarie e soprattutto a quelle delle Madres de Plaza de Mayo (Madri di piazza di Maggio), un’organizzazione formata da alcune madri di scomparsi già agli inizi del 1977. 

Ebbene, non solo Wojtyla andò a trovare personalmente in Cile Augusto Pinochet, autore di genocidi inauditi, uno dei peggiori trucidatori della storia, ma ne diventò persino suo amico.


Il papa polacco scioccò tutto il mondo quando 1987 in Cile strinse la mano del boia Augusto Pinochet affacciandosi con lui dalle finestre del palazzo presidenziale. In quella circostanza si guadagnò la lettera di “Giuda” da parte delle madri dei Desaparecidos. Oltre alle foto esistenti dei loro incontri, ci sono le prove che i due intrattennero un rapporto continuativo anche dopo quell’occasione, fino a si scambiarsi reciprocamente gli auguri ad ogni ricorrenza festiva.

Come se ciò non bastasse, durante la sua visita in Croazia nell’ottobre 1998, Papa Woityla ha beatificato il dr. Aloysius Stepinac, vescovo cattolico, che si rese complice dei misfatti perpetrati in Croazia da Ante Pavelic. Wojtyla lo ha premiato, beatificando questo criminale.


Lo stesso Karol Woityla che nel 2000 ha avuto l’insolenza di “beatificare” Papa Pio IX. Per chi ancora non lo sapesse, Pio IX affermava nelle sue Instruzioni del 20.6.1866 che: “la schiavitù in quanto tale, considerata nella sua natura fondamentale, non è del tutto contraria alla legge naturale e divina; Possono esserci molti giusti diritti alla schiavitù e sia i teologi che i commentatori dei canoni sacri vi hanno fatto riferimento. Non è contrario alla legge naturale e divina che uno schiavo possa essere venduto, acquistato, scambiato o regalato." Pio IX si è reso anche autore del famigerato Sillabo, dei crimini di razzismo contro gli ebrei, degli assassini di patrioti italiani che lottarono per l'unità d'Italia e della decapitazione del cappellaio romano Antonio De Felici (quest’ultimo condannato a morte perché sorpreso con uno scalpello da intagliatore su un pianerottolo delle scale del Palazzo Vaticano). I cattolici sul conto degli ebrei hanno diffuso le più assurde ed infami credenze ed accuse, tra cui quelle che il giudaismo prescriveva sacrifici rituali di cristiani e che gli ebrei impastassero la matzah, il pane azimo pasquale, col sangue dei cristiani: in questo modo hanno provocato ed istigato stragi di ebrei che sono state perpetrate sino alla fine del diciannovesimo secolo, anche “grazie” alle istigazioni all’odio razziale diffuse da Civiltà Cattolica, il giornale politico ed antisemita voluto e fondato da Pio IX nel 1850. A tale proposito ricordiamo che uno degli ultimi rapimenti, avvenuto a Bologna il 23.6.1858, fu quello di Edgardo Mortara. Il mandante di questo crimine fu Pio IX. Ebbene, Karol Woityla nel 2000 beatificò Pio IX. Ovverosia, Karol Woityla è stato capace di beatificare anche questo criminale.


l papa polacco, divenuto l’imbonitore delle folle, propagandato come personaggio carismatico,mise a capo della banca vaticana Paul Marcinkus, attraverso il quale la Chiesa Cattolica comprò azioni false e rubate per un miliardo di dollari, ed arrivò a gestire una mole impressionante di loschi affari che fruttarono alle proprie casse centinaia di milioni di dollari. Lo IOR, ufficialmente l’Istituto per le opere religiose, è in realtà la banca di proprietà del Papa che sin dagli inizi, è stata più volte coinvolta nei peggiori scandali, corruzione e intrighi. Per decenni vi hanno transitato i capitali di Cosa Nostra, grazie a personaggi mossi dal Vaticano come Michele Sindona, Roberto Calvi. L’allora vescovo Paul Marcinkus, tra i tanti affari poco puliti, acquistava banche e società da Calvi e poi le rivendeva allo stesso Calvi a prezzi superiori. Tutto venne documentato da registrazioni ed intercettazioni dell’FBI, prima di diventare il Crack finanziario che tutti ricordano. Quando nel 1983 Paul Marcinkus venne riconosciuto colpevole di bancarotta fraudolenta, falsa emissione di assegni, e venne anche condannato per istigazione all’omicidio per il caso dell’Ambrosiano Veneto, papa Giovanni Paolo II consentì a Marcinkus di rifugiarsi negli Usa fino al 1992: anno in cui Marcinkus morì.

Come mai Giovanni Paolo II non chiese un regolare processo per il delinquente Paul Marcinkus, ma al contrario, oltre a consentirgli un incarico che lo rese ricco, lo estradò negli Usa garantendogli la protezione fino alla fine dei suoi giorni?


E’ Lo stesso papa polacco che suscitò lo sdegno dell’opinione pubblica quando rifiutò di ricevere Rigoberta Menchù, giovane guatemalca premio Nobel per la pace nel 1992.Rigoberta Menchù nel 1981, per sfuggire agli “squadroni della morte” (le milizie di estrema destra al soldo dei latifondisti e del governo), si recò in esilio in Messico, dove consacrò la sua vita alla lotta non violenta per i diritti delle popolazioni indigene centroamericane. 

Collaborò in seguito con la Commissione per i diritti umani dell'ONU a Ginevra e dal 1986 fu membro del Consiglio dell'ONU per i diritti degli indios. Per il suo impegno ottenne nel 1990 il premio dell'UNESCO e nel 1992, a soli trentatré anni, fu insignita del premio Nobel per la Pace. Karol Woityla rifiutò di riceverla. Pertanto non c’è da stupirsi che il cristianesimo ufficiale si schieri sia a favore della deterrenza nucleare per la guerra post-moderna, sia a favore della pena di morte.


Tra Aprile e Giugno 1994 Wojtila ha consentito quasi un milione di morti in tre mesi in Rhuanda, rimanendo in omertoso silenzio: tacendo durante i massacri. Il genocidio dei Tutsi da parte degli Hutu nel Ruanda fu sostenuto, difeso, e coperto dalla chiesa cattolica e dall’istituzione in loco, con il silenzio-assenso del pontefice Giovanni Paolo II. Costui è stato capace di esporsi per i religiosi che dovevano sfuggire alle insidie della guerra, ma non è stato pronto a farlo per la comunità dei Tutsi.(VEDERE ALBUM RIGUARDO IL GENOCIDIO IN RUANDA). 

Per quest’ultimi non solo non ha mai fatto nulla, né ha mai mostrato alcuna compassione, ma, al contrario, si è reso corresponsabile della discriminazione razziale prima della guerra in Rhuanda: la discriminazione per l’entrata in seminario, per la formazione, per l’ordinazione, fino a quella per la direzione di scuole cattoliche e l’avanzamento nella gerarchia ecclesiastica. Alcuni membri del clero hanno acquistato e distribuito molti machete, e, dopo aver localizzato le vittime, hanno preso parte agli orribili massacri. 

Questi cattolici hanno rinchiuso le vittime nelle chiese, le hanno incendiate, e poi hanno cancellato ogni traccia della carneficina con i Bulldozer. Ebbene, dopo lo sterminio, tra l’altro compiuto con il bene placido dell’allora ministro francese Francois Mitterand, la chiesa utilizza alcuni conventi per sottrarre i massacratori cattolici alla giustizia, attivando una cavillare e segreta rete di protezione per la fuga in Europa. La chiesa cattolica fornisce biglietti aerei grazie all’associazione Caritas International, proteggendo i criminali ed impedendo loro di essere processati e, come se ciò non bastasse, alcuni di questi vescovi vengono reinseriti nelle parrocchie. 

Dopo che la scoperta del genocidio diviene di pubblico dominio, Wojtyla corre ai ripari con una lettera salva facciata al presidente della Repubblica del Ruanda. Un comunicato formale senza neanche un’ombra di accusa nei confronti degli assassini, né una parola di rammarico per l’accaduto. Nessun atto di deplorazione né di pentimento da parte della chiesa. Papa Giovanni Paolo II chiede di sospendere la pena di morte per gli autori della carneficina, e non pronuncia, né pronuncerà mai, una sola parola di dolore per le vittime.


Lo stesso Wojtila tanto risoluto nell’escludere le donne dal sacerdozio quanto nello scagliarsi contro la contraccezione e l’uso del profilattico; quest’ultima sua crociata mediatica ha coinciso con l’aumento esponenziale di migliaia di morti per Aids nel mondo.In pratica è stata un’istigazione al suicidio ed omicidio di cui nessuno nella Chiesa ha mai pagato. Infatti a causa della chiesa a pagare sono sempre e comunque le vittime innocenti. (Ibidem)

Grazie a Wojtila, il Vaticano nel Catechismo difende e giustifica la pena di morte (articolo 2267). Pertanto non c’è da stupirsi se nell’indice non è presente nessuna voce dedicata alla pena capitale.

Mentre l’ingegnosa messa in scena mediatica ci mostrava un Giovanni Paolo II predicatore del bene e nemico del male, alcuni dei peggiori delinquenti frequentavano il Vaticano, venendo regolarmente ricevuti dal Papa in persona.

E’ lo stesso Wojtila che intratteneva rapporti d’affari con personalità ambigue, frequentando personaggi quali Cesare Geronzi, Giovanni Bazoli, Calisto Tanzi, Fazio e Fiorani. Quasi trent’anni vissuti tra la città del Vaticano ed il resto del mondo: è possibile che il papa frequentasse gente così senza sapere chi fossero? Che cosa avevano da condividere questi delinquenti con il papa? Vogliamo ancora continuare a credere che il papa non fosse a conoscenza dell’identità sociale e politica dei suoi amici?


Karol Wojtila che ha vissuto nel lusso più sfrenato, nelle sontuose stanze regali del Vaticano circondato da imponenti servitù e preziosi tappeti rossi; lo stesso papa che mangiava con le posate d’oro, che andava in giro per il mondo con jet privati ed un esercito di persone per la sua scorta. Il tutto mantenuto a spese dei cittadini tramite la truffa istituzionalizzata dell’otto per mille, ottenuta dallo stesso Wojtila grazie alla legge del 1985 del suo amico Bettino Craxi.


Il 12 marzo 2000, nel corso di una spettacolare celebrazione in Vaticano, il papa ha chiesto «scusa» in mondovisione per le colpe passate della Chiesa. Molti si sono affannati a rendere omaggio alla decisione di Wojtyla: ma quanti di costoro hanno ragionato sulla portata di queste scuse? La giornata era stata preparata da un documento di una commissione teologica internazionale - di cui faceva parte il responsabile dell’ex-inquisizione (ed antisemita) Joseph Ratzinger - ed è stata incentrata soprattutto sull’omelia di Wojtyla e sulla confessione dei peccati da parte delle gerarchie ecclesiastiche e del papa stesso.



ALCUNE OSSERVAZIONI



· Il perdono viene chiesto a dio, non alle vittime.

· I peccati non sono della Chiesa - istituzione, ma dei figli della Chiesa.

· Per “Chiesa” si intende comunque la comunità dei battezzati.

· Ne deriva che la responsabilità dei peccati è difficilmente attribuibile: infatti nessun nome di colpevole è stato pronunciato, tutto è estremamente generico e ampiamente chiosato per accontentare i cattolici più conservatori.

· Se i cattolici hanno delle colpe, gli altri sono peggio: nell’omelia il papa chiede perdono per «…l’uso della violenza che alcuni di essi hanno fatto… per gli atteggiamenti di diffidenza e di ostilità assunti talora nei confronti dei seguaci di altre religioni», salvo poi lamentarsi delle «innumerevoli volte che […]hanno subìto angherie, prepotenze e persecuzioni a motivo della loro fede».

· Si chiede perdono per «…i mezzi dubbi per i fini giusti», ma non per i fini ingiusti (qual era il fine «giusto» nel bruciare le streghe?).

· Si definisce semplicisticamente il regime nazista come «pagano», sottacendo le prese di posizione a suo favore dei vescovi tedeschi.

· I peccati vengono collocati soprattutto nel secondo millennio: forse perché i pagani, massacrati nel primo, non sono più in grado di pretendere qualcosa.

· L’ateismo è il male principale del giorno d’oggi e si invitano i non credenti a purificare anch’essi collettivamente i loro risentimenti (?).


UNA RACCOLTA DI OPINIONI



LEONARDO BOFF (teologo della liberazione): «il primo perdono che dovrebbe chiedere la Chiesa dovrebbe essere ai poveri defraudati. Per essere una Chiesa ricca e perché quando altri hanno appoggiato i poveri, furono condannati come falsi profeti».

DOMENICO TOMASETTO (presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane): «una richiesta di perdono che […] costituisce soltanto un ottimo spettacolo mediatico, ma non ha rilevanza nell’esistenza teologica».

HANS KUNG (teologo dissidente): «è una deludente cerimonia pomposa e barocca. Nel suo confiteor deplora ma non chiama niente per nome […] non è giusto sostenere che i nazisti sarebbero stati ancor più crudeli se il papa avesse parlato. Si sarebbe prodotto un effetto enorme se Pio XII avesse scomunicato i responsabili dell’Olocausto, alcuni dei quali erano cattolici: Hitler, Goebbels…».

AMOS LUZZATTO (Comunità ebraiche italiane): «non vi è contraddizione tra il pentimento espresso dalla Chiesa per quanto perpetrato contro gli ebrei nel passato e la beatificazione di Pio IX che ne fu uno dei perpetratori? […] Mi aspettavo un riconoscimento delle responsabilità politiche della Chiesa per le persecuzioni antiebraiche: ad esempio sull’istituzione dei ghetti per i quali la Chiesa ancora non ha praticamente detto mai nulla».

BARBARA RAGGI (Manifesto 8/3): «il messaggio arriva chiaro: il pontefice ammette gli errori del passato. Nessuno chiede conto di quelli del presente che pure si affastellano sotto gli occhi di tutti. E soprattutto si cela il nesso tra le colpe di ieri e quelle di oggi. Gli argomenti con cui si pretende la parità scolastica e il divieto della marcia gay sono gli stessi che, in secoli lontani, hanno portato alle violenze e agli eccessi per cui si implora perdono. La radice della sopraffazione è la credenza di avere in custodia la morale naturale, valida per tutti e per tutte, cui bisogna sottomettersi indipendentemente dalle proprie valutazioni. Una morale le cui chiavi sono custodite a Roma, dal vicario di Cristo unico a poter decidere cosa è ammissibile e cosa non lo è. Finché una commissione di teologi non dirà che tale credenza è falsa ed è la radice di tutti gli errori e gli orrori compiuti “dai figli della Chiesa” siamo autorizzati a pensare che non di autocritica si tratta ma di una banale operazione di marketing».


ENZO MAZZI (Manifesto 8/3): «sotto questo manto imbiancato e lucente covano nell’intimo della Chiesa - istituzione quasi intatti i germi mortiferi della violenza: l’assolutismo del potere monarchico del papa il quale è legge a se stesso e a nessun’altra legge umana è sottoposto, la capillarità planetaria della diramazione del potere gerarchico, la immensa ricchezza mai sazia che rende la Chiesa corresponsabile dell’impoverimento delle grandi maggioranze, la certezza che la gerarchia cattolica è depositaria infallibile sia della verità etica sulla natura sia della verità soprannaturale e quindi anche dei mezzi per la salvezza del mondo e di ogni singola persona».

EUGENIO SCALFARI (Repubblica 13/3): «la confessione delle colpe è un atto politico essenziale […] questa grandiosa assunzione di colpa […] riguarda poco l’anima dei fedeli; riguarda piuttosto i teologi […] e i diplomatici […] Obiettivi alti, ma politici…».

FRANCO GRILLINI (Arcigay): «il Vaticano chieda perdono anche agli omosessuali che rappresentano le vittime tra le più numerose della violenza teocratica di ieri come di oggi».

DIARIO DELLA SETTIMANA (22/3): «le cataste di vittime accumulate fino al cielo sono la ragione stessa della diffusione mondiale che la Chiesa cattolica ha oggi».

DANIELE GARRONE (Riforma in rete, 24/3): «in Italia ha credito l’affermazione, tanto diffusa quanto infondata, che solo la Chiesa cattolica abbia riconosciuto le sue colpe storiche. C’è chi enfatizza la posizione cattolica per apologia o per polemica (anche contro il pensiero laico), ma soprattutto vi è una sostanziale ignoranza (perché lo si ignora effettivamente o perché lo si vuole ignorare) di ciò che avviene al di là del Vaticano, nel resto della cristianità. Il fenomeno è particolarmente evidente sui mass media, a nessuno dei quali, per esempio, è venuto in mente di proporre dei servizi su come le altre chiese affrontano il problema delle colpe storiche; da noi, la posizione degli altri cristiani è tutt’al più una nota di colore. L’organizzazione piramidale della chiesa di Roma e la sapiente enfatizzazione mass-mediatica (accentuata in questo Giubileo) di tutto ciò che ha il papa come protagonista contribuiscono ad accentuare l’impatto di ogni discorso di Roma».

PEDRO MIGUEL (La Jornada 14/3): «…ogni genocidio (e Roma ne ha molti a suo carico) è doppiamente intollerabile se sfocia nell’impunità e nelle simulazione; per esempio, la vistosa “richiestuccia di perdono” del 12 marzo…».

JUAN JOSÉ TAMAYO (El Pais 13/3): «…mentre si chiede perdono degli errori storici, si continuano a mantenere, all’interno della Chiesa, comportamenti repressivi e lesivi dei diritti dei cristiani e delle cristiane […] il Vaticano ha reagito avviando un’operazione di pulizia teologica che ha colpito non pochi dei più qualificati teologi…».

RUPERT SHORT (The Guardian 13/3): «perché allora le sue affermazioni, accanto all’ammirazione, hanno causato aspre critiche? Molti cattolici, a parte quelli che sono fuori dalla Chiesa, sentono che la richiesta di scuse è stata pronunciata scandalosamente tardi […] questo papa è stato felice di accettare o estendere uno stile autoritario nel governo della Chiesa».






Ci risiamo: come aveva annunciato, papa Woityla ha beatificato - durante la sua visita in Croazia nell’ottobre 1998 - il dr. Aloysius Stepinac, vescovo cattolico, complice dei più atroci misfatti nazi-fascisti in Croazia durante il regime di Ante Pavelic dal 1941 al 1945.

Stepinac, arcivescovo di Zagabria, fu al fianco dei fascisti Ustascia fin dal primo momento (come ha dimostrato senz’ombra di dubbio V. Novak, Principium et Finis veritas), da quando, cioè, il 10 Aprile 1941 ebbe luogo l’occupazione tedesca di Zagabria insieme alla proclamazione dell’indipendenza della Croazia dal regno di Jugoslavia, con a capo il Poglavnik (cioé Duce, Führer) Ante Pavelic. Ma chi era Pavelic?


Capo del Partito Ustascia, da lui fondato il 7 Gennaio 1929 sulle orme di Ante Starcevic (morto nel 1898), leader del Partito Croato del Diritto (Hrvatska stranka prava), che si prefiggeva programmaticamente l’eliminazione dei Serbi: «I Serbi sono roba da macello», Pavelic trovò rifugio in Italia, dove Mussolini gli assicurò a Bologna denaro e protezione per le sue attività terroristiche, con l’appoggio del capo della polizia segreta Ercole Conti e del Ministro di Polizia Bocchini. L’attentato più grave fu quello che a Marsiglia, il 9 Ottobre 1934, costò la vita al re Alessandro di Jugoslavia e al ministro degli esteri francese Barthou. Ante Pavelic, condannato a morte in contumacia sia dalla Francia che dalla Jugoslavia, se ne stava tranquillamente a Siena sotto la protezione delle autorità fasciste.


Lo stesso 10 Aprile del 1941 il Poglavnik manifestò la propria «riconoscenza e devozione» a Hitler, telegrafandogli dall’Italia:«La Croazia indipendente legherà il proprio futuro al nuovo ordine europeo, che Lei, Führer, e il Duce avete creato». Pochi giorni dopo, passato in Croazia, nominò il suo primo governo: era ormai capo dello stato, del governo e del partito, nonché comandante supremo dell’esercito e duce di una popolazione di tre milioni di cattolici croati, due milioni di serbi ortodossi e mezzo milione di musulmani bosniaci (a di altri gruppi etnici, fra cui 40.000 ebrei). 

Il 18 Aprile ci fu la capitolazione senza condizioni dell’esercito jugoslavo: la Serbia venne occupata dai tedeschi e quasi due quinti del regno di Jugoslavia passarono sotto la sovranità dello Stato Indipendente di Croazia, con una superficie di circa 102.000 kmq. 

Il 7 Maggio 1941, accompagnato da ministri e religiosi (fra cui il Vicario Generale dell’Arcivescovo Stepinac, il vescovo Salis-Sewis), si recò in Italia da Vittorio Emanuele III, offrendo la corona di Croazia al Duca Aimone di Spoleto, il quale (benchè mai incoronato) già il 17 Maggio si annunciò in Vaticano come re designato di Croazia col nome di Tomislav II. Il giorno dopo, «circondato dai suoi banditi» - come annoterà Ciano nel suo Diario - Pavelic venne festosamente e solennemente ricevuto in udienza privata da Pio XII, che, congedandolo, gli fece i migliori auguri per «la sua opera futura...».

La sua opera futura: di che cosa si trattava esattamente?


Della ricattolicizzazione della Croazia, con tutti i mezzi, come risulta inequivocabilmente dalle parole del padre francescano Simic: «Ammazzare tutti i Serbi nel più breve tempo possibile. Questo è il nostro programma»; oppure dalle lugubri espressioni programmatiche di Ante Pavelic: «Un terzo dei Serbi deve diventare cattolico, un terzo deve abbandonare il paese, un terzo deve morire!». 

Ebbe così inizio una politica di sterminio in tutto identica alla «soluzione finale» nazista: le chiese ortodosse vennero distrutte, trasformate in stalle, depredate; i Serbi dovevano circolare con una P sul braccio (Pravoslavac=Ortodosso), gli Ebrei con la stella di David, e solo nei quartieri-ghetto approntati per loro. Nei locali pubblici pendeva il cartello: «Ingresso vietato a Serbi, Ebrei, Zingari e cani».


L’unico modo per sfuggire al destino di morte che li attendeva era la conversione al cattolicesimo: «Se passerete alla chiesa cattolica» - prometteva il vescovo Aksamovic di Djakovo - «srete lasciati in pace nelle vostre case». 
Tuttavia nelle prime sei settimane di vita della nuova Croazia furono assassinati tre vescovi, più di cento preti e monaci ortodossi e 180.000 fra Serbi ed Ebrei. 

Per ordine dell’ordinariato episcopale le chiese ortodosse vennero trasformate in luoghi di culto cattolico oppure furono completamente distrutte. Il mese seguente vennero ammazzati oltre 100.000 Serbi, donne, vecchi, bambini. 

La chiesa di Glina venne trasformata in un mattatoio: «Il bagno di sangue durava dalle dieci di sera alle quattro del mattino, e andò avanti per otto giorni. Le uniformi dei macellai dovettero essere cambiate, perché intrise di sangue. In seguito vennero ritrovati bambini infilzati negli spiedi, con le membra ancora contratte negli spasmi della sofferenza».


Fino al Novembre del 1941 furono uccisi altri cinque vescovi e non meno di trecento preti ortodossi: l’ottantenne metropolita di Sarajewo Petar Simonic venne strangolato, mentre contemporaneamente l’arcivescovo cattolico della città Ivan Saric componeva odi in onore di Pavelic ed esaltava nel giornale diocesano i nuovi metodi rivoluzionari «al servizio della verità, della giustizia e dell’onore». 

A Zagabria, dove risiedevano il primate Stepinac e il Nunzio Apostolico Marcone, il metropolita ortodosso Dositej fu torturato al punto che divenne pazzo. 

Il 26 Giugno 1941 Pavelic accolse in pompa magna l’episcopato cattolico guidato da Stepinac, cui promise «dedizione e collaborazione in vista dello splendido futuro della nostra patria». 
Il primate di Croazia sorrideva. Gli eccessi furono talmente virulenti che il generale Mario Roatta, comandante della Seconda Armata italiana, minacciò di aprire il fuoco contro gli Ustascia che intendevano penetrare nei territori controllati dagli Italiani, e gli stessi tedeschi, diplomatici, militari e uomini dei servizi segreti, inviarono proteste contro il terrore ustascia al comando supremo della Wehrmacht e all’Ufficio Esteri.


Il 17 Febbraio 1942 il capo dei Servizi di Sicurezza scrisse al comando centrale delle SS: «È possibile calcolare a circa 300.000 il numero dei Pravoslavi uccisi o torturati sadicamente a morte dai Croati... In proposito è necessario notare che in fondo è la chiesa cattolica a favorire tali mostruosità con le sue misure a favore delle conversioni e con la sua politica delle conversioni coatte, perseguite proprio con l’aiuto degli Ustascia... È un fatto che i Serbi che vivono in Croazia e che si sono convertiti al cattolicesimo vivono indisturbati nelle proprie case... La tensione esistente fra Serbi e Croati è non da ultimo la lotta della chiesa cattolica contro quella ortodossa» (dagli archivi della Gestapo).

Felix Benzler, inviato tedesco a Belgrado, il generale Alexander Löhr, l’inviato tedesco a Zagabria Siegfried Kasche, il generale Glaise von Horstenau inviarono a Berlino memoriali che sollecitavano esplicitamente a una maggior prudenza nel sostegno al regime di Pavelic. 

Come risulta da un comunicato del 12 Aprile 1942 redatto dai servizi segreti tedeschi «in diverse località ai confini fra Serbia e Croazia si è giunti a scontri armati fra le truppe tedesche e unità ustascia», scontri determinati dall’intenzione dei Croati di estendere i loro massacri dei Serbi.


Lo stesso Ribbentrop incaricò l’ambasciatore tedesco a Zagabria di esprimere la profonda costernazione del governo del Reich a causa «degli orribili eccessi degli Ustascia, elementi criminali». Insomma, fascisti italiani e nazisti tedeschi si dimostrarono addirittura scandalizzati dal comportamento criminale del regime croato; soltanto la chiesa cattolica e il suo capo Stepinac tacquero, anzi, collaborarono attivamente alla realizzazione del «futuro lavoro».

E questo accadde perché «le azioni degli Ustascia erano azioni della chiesa cattolica», la quale collaborò fin dal principio col regime di Pavelic. 

Molti preti cattolici erano membri del partito Ustascia, come l’arcivescovo di Sarajevo Ivan Saric; vescovi e sacerdoti cattolici sedevano nel Sobor, il Parlamento croato, che apriva le sue sedute al canto del Veni creator spiritus; padri francescani comandavano i campi di concentramento e lo stesso Pavelic appare in centinaia di fotografie circondato da vescovi, preti, frati, suore e seminaristi. 

E Stepinac non lo sapeva? Forse fu proprio lui a dettare il messaggio di Pavelic a Pio XII: «Santo Padre! Allorchè la provvidenza divina concesse che io prendessi nelle mie mani il timone del mio popolo e della mia patria, decisi fermamente e desiderai con tutte le mie forze che il popolo croato, sempre fedele al suo glorioso passato, restasse fedele in futuro all’apostolo Pietro e ai suoi successori, e che il nostro popolo, compenetrato dalla legge del vangelo, divenisse il regno di Dio». Codesto regno di dio venne intanto delineato dal ministro dell’istruzione Mile Budak: «Ammazziamo una parte dei Serbi, ne cacciamo via un’altra, e il resto, che deve accettare la religione cattolica, sarà accolto nel seno del popolo croato». E il beato Stepinac taceva.


Il fatto è che tutta la stampa cattolica manifestò in modi spesso anche esagitati la propria simpatia e la propria collaborazione coi programmi criminali di Pavelic: il giornale episcopale dell’arcivescovo Saric di Sarajevo scrisse apertamente che il cattolicesimo andava proclamato «con l’aiuto dei cannoni, delle mitragliatrici, dei carri armati e delle bombe». I preti cattolici predicavano quotidianamente: «Finora, fratelli, abbiamo lavorato per la nostra religione con la croce e il breviario; ora è giunto il momento della pistola e del mitra». Oppure dicevano: «Non è più un peccato uccidere un bambino di sette anni, qualora violi le leggi degli Ustascia. Benchè porti una tonaca, spesso devo por mano al mitra».

E non desta meraviglia allora che il prete cattolico Bozidar Bralo, consigliere della famigerata «Crna Leggija» (La Legione Nera), trascorresse da un luogo all’altro agitando il mitragliatore e gridando: «A morte i Serbi!», massacrandone poi 180 ad Altpasin Most; che il gesuita Dragutin Kamber, capo della polizia di Doboj, in Bosnia, partecipasse personalmente all’assassinio di centinaia di ortodossi; che i preti cattolici Ilija Tomas e Marko Hovko prendessero parte attiva all’uccisione bestiale di 559 uomini, donne e bambini serbi a Prebilovici e a Surmanci, in Herzegowina; che il curato di Rogolje sterminasse 400 ortodossi.


In quest’opera barbarica di sterminio accumularono dei meriti particolari i figli di Santo Francesco, che fin dal principio avevano messo a disposizione degli Ustascia i propri conventi, trasformati in depositi d’armi. 

Il 21 Maggio 1941 a Knin il francescano Padre Simic al comandante della Brigata Sassari, che gli chiedeva le linee direttrici della sua politica, rispose:«Uccidere tutti i Serbi nel più breve tempo possibile». 

E poiché il generale non voleva credere ai propri orecchi, il buon frate ribadì prontamente: «Uccidere tutti i Serbi nel più breve tempo possibile. È questo il nostro programma». In realtà persino i fascisti italiani provavano ribrezzo di fronte alla bestialità degli Ustascia, e i cattolici croati ne furono infastiditi: l’arcivescovo Stepinac osservò malevolmente che «nei territori croati passati all’amministrazione italiana si poteva notare una continua decadenza della vita religiosa e una certa tendenza a passare dal cattolicesimo ad atteggiamenti scismatici». Nei campi di concentramento di Jasenovac, Jadovno, Pag, Ogulin, Jastrebarsko, Koprivnica, Krapje, Zenica, Stara Gradiska, Djakovo, Lobograd, Tenje e Sanica i francescani esercitavano il mestiere di veri e propri boia. 

Il «Campo della morte» di Jasenovac, sulle rive della Sava, in cui furono trucidati circa 200.000 Serbi ed Ebrei, era sotto il comando del francescano Miroslav Filipovic-Majstorovic, il quale si conquistò la fama di «abilissimo strangolatore» (venne giustiziato nel 1945). 

Ma il collega Brzica gli fu di gran lunga superiore: nello stesso Lager nella notte del 29 Agosto 1942 riuscì a decapitare da solo 1369 internati con una mannaia speciale. Nè può ora meravigliarci il fatto che dopo il crollo di questo «Regno di Dio» i chiostri francescani divennero gli asili preferiti dei boia sfuggiti agli alleati e alle truppe di Tito (in particolare Klagenfurt e Modena).


Tutto ciò accadde sotto gli occhi di Stepinac, presidente della conferenza episcopale croata e arcivescovo di Zagabria! Il regime di Pavelic lo trovò sempre dalla propria parte, unitamente a tutti i vescovi cattolici, le cui critiche, quando ci furono, appaiono oggi estremamente riguardose. Il giorno stesso della proclamazione dell’indipendenza della Croazia, Stepinac si recò dal generale Kvaternik, rappresentante di Pavelic, per esternargli «i suoi rispetti»; e il 16 Aprile 1941 offrì a Pavelic appena rientrato in Croazia un lauto pranzo nel palazzo arcivescovile; a Pasqua si felicitò con lui per la rinascita dello Stato Ustascia. 

Il 28 Aprile pubblicò una lettera pastorale, nella quale diceva fra l’altro: «Quantunque gli attuali avvenimenti siano assai complessi, quantunque i fattori che li influenzano siano molto differenti, è tuttavia agevole riconoscere in quest’opera la mano di Dio»! Dopo che Pavelic ebbe dichiarato guerra aperta e senza regole alla chiesa ortodossa, Stepinac manifestò il proprio compiacimento, osservando «che Pavelic è un devoto cattolico e la chiesa gode di una piena libertà d’azione...»(quella cattolica, naturalmente!). 

Stepinac si adoperò quindi a favore di un rapido riconoscimento formale della nuova Croazia da parte del Vaticano, che per parte sua continuò ipocritamente a mantenere rapporti diplomatici col governo jugoslavo in esilio. Verso la metà di Giugno del 1941 il vicario generale Josip Lach riassunse su sollecitazione di Stepinac l’atteggiamento della chiesa croata verso il nuovo regime: 

«Questo ordinariato farà di tutto affinchè gli intenti del governo croato siano realizzati nel modo più ampio possibile, ma con un’unica riserva che questo ministero non potrà mai eliminare: e cioè che mai e in nessun caso venga violata la suprema legge del Vangelo di Cristo»Espressioni tragicamente ironiche!.
Monsignor Stepinac pretese dall’episcopato una stretta collaborazione con gli Ustascia: ordinò di celebrare solennemente gli anniversari della fondazione del nuovo stato, e per il compleanno di Pavelic in tutte le chiese si doveva celebrare il Te Deum. 

Nel Gennaio del 1942 Stepinac venne nominato dal Vaticano Vicario militare degli Ustascia: subito quasi 150 preti divennero cappellani dell’esercito ustascia. 

Nikola Rusinovic, secondo rappresentante del governo ustascia in Vaticano, ci informa dettagliatamente dell’atteggiamento di Stepinac verso il regime criminale di Pavelic: «Egli (sc. Stepinac) ha fatto pervenire al Santo Padre un dattiloscritto di nove pagine, di cui conosco il contenuto, e ti posso assicurare che le notizie che ci riguardano sono assolutamente positive... Valuta in modo assai favorevole la situazione del paese e loda l’opera e gli sforzi del governo. 

In particolare egli si serve delle espressioni più esaltanti a proposito dei tentativi e degli sforzi del Poglavnik per riordinare tutto come prima; inoltre esalta il suo comportamento religioso e l’atteggiamento nei confronti della chiesa». 

E dunque mentre italiani, tedeschi, croati in esilio stigmatizzavano il comportamento criminale del governo di Pavelic, mentre anche il settimanale londinese New Review scriveva di Pavelic: «Viene unanimemente considerato il massimo criminale del 1941», mentre Veceslav Vilder, membro del governo jugoslavo in esilio a Londra, a sua volta affermava: «Intorno a Stepinac, arcivescovo di Zagabria, vengono perpetrate le più orribili nefandezze. Il sangue dei fratelli scorre a fiumi... e non sentiamo levarsi la voce sdegnata dell’arcivescovo. Al contrario leggiamo che prende parte alle parate dei nazisti e dei fascisti»; mentre accadeva tutto ciò, Stepinac taceva e collaborava, conferendo col Vaticano, con Pio XII, col segretario di stato Maglione, con altri prelati e cardinali e anche col futuro papa monsignor Montini.

Il 23 Febbraio 1942 il presidente della conferenza episcopale croata, circondato dai suoi dignitari, accolse solennemente sul portale della chiesa di S. Marco a Zagabria Ante Pavelic, già condannato a morte due volte, esaltando la fondazione del Sobor, di cui faceva parte anche lui insieme a dieci dei suoi collaboratori.
In un memorandum del maggio del 1943 inviato alla curia romana Stepinac sottolineava i meriti degli Ustascia nella conversione degli Ortodossi, ringraziava soprattutto i francescani e pregava il papa di ricordarsi dei Croati. Della visita del primate croato in Vaticano (dal 26 Maggio al 3 Giugno del 1943) siamo informati dal rappresentante Ustascia presso la Santa Sede principe Erwin Lobkowicz, il quale scrive: «L’arcivescovo ha fornito informazioni assai positive sulla Croazia...; ha sottaciuto alcune cose con le quali non era completamente d’accordo, per far apparire la Croazia nella miglior luce possibile... Ha anche giustificato e motivato i metodi usati verso gli Ebrei dagli Ustascia» (i quali avevano già assassinato l’80% degli Ebrei jugoslavi!).

Nel 1944 Stepinac venne decorato da Pavelic con la «Gran Croce con Stella» e il 7 Luglio dello stesso anno sollecitò affinchè «tutti si ponessero a difesa dello stato, per edificarlo e sostenerlo con sempre maggiore energia». Addirittura il 25 marzo del 1945 il primate pubblicò un manifesto a favore della Grande Croazia...

Non è assolutamente credibile che Stepinac non sapesse cose che Radio Londra, la stampa alleata e persino alcuni giornali italiani avevano rese pubbliche; e sapeva tutto anche Pio XII, il quale tacque, come su Auschwitz e tante altre infamie.

In conclusione: dal 1941 al 1945 in Croazia vennero trucidate non meno di 600.000 persone (secondo il generale tedesco Rendulic), spesso direttamente ad opera di preti e frati; eppure nè Stepinac nè Pio XII sembra ne siano stati edotti. E tacquero.





Papa Pacelli ruppe il suo silenzio sulla Yugoslavia il 2 Giugno del 1945: «Dobbiamo purtroppo lamentare in più di un paese uccisioni di preti, deportazioni di civili, esecuzioni di cittadini senza processo o per vendette private: e non meno tristi sono le notizie che ci provengono dalla Slovenia e dalla Croazia...». Pio XII, insomma, non aveva notizie quando il regime di Pavelic, da lui benedetto, ammazzava, squartava, affogava, decapitava, strangolava, seppelliva vivi e crocifiggeva centinaia di migliaia di Serbi, Zingari, Ebrei, Ortodossi; ma quando l’esercito partigiano di Tito cominciò a chieder conto di tutti questi misfatti, ecco che Pacelli sa tutto, è accorato, paternamente preoccupato, addirittura costernato.

Insomma, io credo che la beatificazione di un individuo spregevole quale Stepinac sia in fondo una faccenda interna della chiesa cattolica, e in quanto tale non fa che confermare la frase di Helvétius: «Quando si scorrono gli elenchi dei loro (dei cattolici) santi, si ritrovano i nomi di migliaia di delinquenti beatificati». 

Tuttavia credo anche che tali atti simbolici abbiano il fine di distorcere la storia e nascondere la verità, siano sostanzialmente nient’altro che mistificazioni, che dobbiamo smascherare senza tentennamenti o timori. In fondo l’atto di Woityla non è che l’ultima manifestazione dell’anticomunismo viscerale della chiesa cattolica, la quale è disposta a tollerare e poi nascondere anche le infamie più innominabili pur di perpetuare se stessa.