lunedì 12 settembre 2011

Ici e Chiesa: ecco le prove



Alberghi. Palestre. Cliniche. Esentati dalla tassa sugli immobili. Dieci esempi che, purtroppo, mettono fine alle polemiche: il Vaticano non paga anche quando non si tratta di luoghi di culto né di opere sociali


Sessantamila euro l'anno. E' il valore del contenzioso che vede opposti il Comune di Roma e la Provincia religiosa dei S. S. Apostoli Pietro e Paolo dell'opera di don Orione. Nella capitale l'ente risulta proprietario, nella lussuosa via della Camilluccia, di un gigantesco complesso, accatastato come b/1 (la sigla che all'anagrafe del mattone identifica collegi, convitti, educandati, ricoveri, orfanatrofi, ospizi, conventi, seminari e caserme), dove si svolgono attività religiose, ma sono stati anche ricavati una casa per ferie, un centro sportivo e una struttura di riabilitazione a pagamento. Il Campidoglio, attraverso la controllata Aequitalia, ha fatto le sue verifiche e pretende il pagamento dell'Ici, l'imposta comunale sugli immobili, dalla quale i religiosi ritengono invece di essere esenti a termini di legge. Così, si è arrivati alle carte da bollo. Un caso simile riguarda la Congregazione delle Mantellate serve di Maria, titolare a Roma di diversi immobili, due dei quali (in via San Giuseppe Calasanzio e in via Mentore Maggini) utilizzati come case per ferie. Gli uomini del sindaco Gianni Alemanno hanno battuto cassa per 45 mila euro l'anno. Le suore si sono opposte, presentando ricorso. Ma il giudice ha dato loro torto. E in lite con il Campidoglio è anche la Chiesa evangelica metodista d'Italia, che vanta un patrimonio di circa 50 immobili, compresi un albergo (in via Firenze), diversi uffici e numerose abitazioni, alcune delle quali di pregio e ampia metratura. L'ente paga l'Ici solo per alcune delle sue proprietà; per le altre ritiene che niente sia dovuto. Il Campidoglio gli dà ragione solo in parte, nel senso che riconosce un parziale diritto all'esenzione, ma reclama una maggiore imposta di 24 mila euro l'anno.

Sono tre fra i dieci esempi raccolti da "l'Espresso" sul tira e molla in corso da anni tra le migliaia di sigle della Chiesa e i Comuni sul pagamento dell'imposta istituita nel 1992. Un tormentone cominciato nel 2004, quando a decretare un provvisorio stop nella diatriba tra enti ecclesiastici e amministrazioni cittadine è intervenuta una sentenza della Corte di cassazione, che ha dato ragione alle seconde. Nel 2005, però, il governo di Silvio Berlusconi ha ribaltato il verdetto, confermando l'esenzione per gli immobili della Chiesa. Fino al 2006, quando anche l'esecutivo guidato da Romano Prodi ha ritenuto di metterci lo zampino, confezionando una legge che è un vero e proprio capolavoro di ambiguità. La norma, tuttora in vigore, stabilisce che non devono pagare l'imposta gli edifici adibiti ad attività non esclusivamente commerciali. Un concetto sconosciuto alla giurisprudenza e che ha ingarbugliato ancora la situazione.



Così, il braccio di ferro continua. In attesa che sulla materia si pronunci Bruxelles, chiamata a stabilire se l'esenzione rappresenta un aiuto di Stato ed è come tale contraria alle regole europee. Che nel 2014 l'Ici ceda il passo alla nuova Imu, nel cui testo attuale lo sconto per gli immobili degli enti ecclesiastici è stato peraltro confermato. E che il Parlamento decida cosa fare dell'emendamento alla manovra economica presentato dai radicali di Mario Staderini per cancellare ogni forma di esenzione: per ora, in commissione Bilancio a Palazzo Madama, è stato bocciato con il voto contrario di Pdl, Lega, Fli e Udc e l'astensione dell'Idv, che al Senato conta come un "no" (i parlamentari del Pd, a parte due "sì", hanno scelto di non farsi contare).

La gerarchia ecclesiastica, davanti al montare delle polemiche, nega addirittura l'esistenza di un caso nazionale. "La Chiesa paga l'Ici su tutti gli immobili di sua proprietà che danno reddito", ha puntigliosamente ribadito, sabato 27 agosto, il quotidiano dei vescovi "Avvenire". Ma le cose non stanno così. Lo dimostra l'inchiesta de "l'Espresso" sul Comune di Roma. In base ai tabulati, gli accertamenti (e cioè le richieste di pagamento per Ici non versata inoltrate dal Campidoglio) hanno raggiunto, tra gli altri, la Società San Paolo (40 mila euro l'anno), la Procura generale dell'Istituto delle suore di carità di Namur (90 mila euro; posizione apparentemente regolarizzata dal 2010 ), l'Istituto ancelle riparatrici del S.S. Cuore di Gesù (3mila euro, peraltro pagati), la Casa delle religiose figlie di Nostra Signora del S. Cuore d'Issoudun (70 mila euro), la Provincia d'Italia fratelli maristi delle scuole (100 mila euro), la Provincia italiana suore mercedarie (120 mila euro) e le Comunità cistercensi trappisti Tre Fontane (100 mila euro). Secondo gli addetti ai lavori, per calcolare il contenzioso totale, tra arretrati, sanzioni e interessi, queste somme vanno mediamente moltiplicate per sei.



Due documenti ufficiali raccontano quanto valga nella capitale, almeno secondo le valutazioni dei tecnici e come ordine di grandezza, l'evasione dell'Ici da parte della Chiesa e dei suoi satelliti. Il primo, del segretariato generale del Comune, è datato 17 marzo 2009 e protocollato con la sigla "RC 3825". Si tratta della risposta del sindaco a un'interrogazione sul mancato incasso dall'imposta sugli immobili nel 2006. Si legge nel testo: "Le stime indicano in circa 25,5 milioni la perdita di gettito parziale per l'Ici ordinaria. Va aggiunto il minor introito per arretrati, stimato in circa 8 milioni al momento dell'introduzione della nuova normativa". Il secondo, sempre firmato da Alemanno, è invece del marzo 2011. E dice: " I competenti uffici dell'amministrazione capitolina hanno effettuato una ricognizione, a decorrere dal periodo di imposta 2005, delle attività svolte dagli enti ecclesiastici. Tale attività di accertamento e controllo ha consentito un recupero dell'imposta pari a euro 9.338.143,82 (comprensivi di interessi e sanzioni). Per quanto riguarda il corrente anno, sono in fase di predisposizione atti di recupero per un importo complessivo pari a circa 1,5 milioni di euro".

Tra gli stabili finiti nel mirino del Campidoglio uno è della Società San Paolo. Si trova in via Alessandro Severo e contiene, tra l'altro, la tipografia del settimanale "Famiglia Cristiana". Il cui direttore, don Antonio Sciortino, rispondendo all'inizio di agosto a un lettore, ha scolpito: "Non si può andare a messa e, al tempo stesso, sottrarsi al proprio tributo per il bene comune". Si vede che non vale per chi, invece, la messa la dice. 

di Stefano Livadiotti 
Fonte
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ici-e-chiesa-ecco-le-prove/2159975//1

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