domenica 11 settembre 2011

Eutanasia:le persecuzioni continuano...



Ci risiamo. In Spagna, i famigliari di una donna di 91 anni in coma dopo un ictus cerebrale hanno chiesto ai medici di togliere il sondino di alimentazione, come prevede la legge regionale andalusa sulla “morte dignitosa” che regola l’accanimento terapeutico. 
“Per l’associazione Diritto di Vivere (Dav), il governo andaluso ha commesso un reato: i pro-life hanno denunciato l’assessore alla Sanità dell’Andalusia, Maria Jesus Montero, e l’ospedale Blanca Paloma, per presunta omissione del dovere di soccorso e per induzione al suicidio”, riferisce Avvenire“Il vescovo di Huelva, monsignor José Vilaplana, ha condannato l’eutanasia, ribadendo che «l’unico dovere della società verso la malata è aiutarla a vivere. La vita non si usa e si getta. La dignità della vita umana non può essere legata allo stato di coscienza o incoscienza del paziente».”
Malgrado quanto sta scritto nel Catechismo della Chiesa Cattolica (1), per le gerarchie che oggi la guidano, la vita meramente biologica senza possibilità di recupero e arrivata ormai anche temporalmente al suo estremo lembo (91 anni!) non differisce in alcun modo dalla vita, diciamo, “integra”. 
Qualsiasi persona che vive nella realtà a tutto tondo, quella fatta di carne  e sangue, amore e respiro, dubbio e dolore, legami e finitezza, sa che non è così. Per chiunque veda un suo caro rimanere sospeso nell’esistere (ma non più nell’esistenza) grazie a un sondino lanciato in extremis dalla scienza che però non lo riporterà mai più sulle sponde della vita, il desiderio più profondo - quasi sempre -  è proprio quello di rimuovere quest’ultimo estremo e artificiale ormeggio, per assecondare ciò che la natura stava compiendo, se non fosse stata interrotta dalla scienza medica.  E se è credente, ancora più volentieri vorrà che non si attardi oltre sulla soglia della Vita piena.
 Anche i medici lo sanno, perché operano proprio in questo territorio incerto, dove alla fine della scienza - perché la scienza a un certo punto non può che fermarsi - non rimangono che i lumi della saggezza, dell’amore, della libertà e della responsabilità. 
 Invece i dottori della legge seguono altri schemi, astratti, filosofico-dottrinali, obbedienti alle imposizioni del sillogismo più che ai suggerimenti dello spirito e della pietas. La loro scienza non si ferma mai. 
Quando penso a queste cose mi viene sempre in mente uno dei paradossi di Zenone, quello di Achille e la tartaruga: Achille  (detto "pie' veloce") viene  sfidato da una tartaruga nella corsa. Ma, cedendo alla sue condizioni, le accorda un piede di vantaggio. E proprio per questo non riuscirà mai a batterla. Infatti Achille dovrebbe prima raggiungere la posizione occupata alla partenza dalla tartaruga che, nel frattempo, sarà avanzata, raggiungendo una nuova posizione: il che la farà essere ancora in vantaggio; quando poi Achille raggiungerà quella posizione, nuovamente la tartaruga sarà avanzata, precedendolo ancora. Questo stesso discorso si può ripetere per tutte le posizioni successivamente occupate dalla tartaruga e così la distanza tra Achille e la lenta tartaruga, pur riducendosi verso l'infinitamente piccolo, non arriverà mai ad essere pari a zero.
E’ solo un paradosso, di quelli che crea la mente quando segue i binari di una logica disincarnata (con cui è stata costruita in gran parte la Dottrina cattolica) e non quelli della sapienza.
Perché la sapienza sa che c’è un tempo per ogni cosa, il tempo del ragionamento astratto e stringente come una matematica del pensiero e il tempo del buon senso e della misericordia. Il tempo di stringere e il tempo di lasciare. Il tempo della vita e il tempo della morte.
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1) «L’interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’’accanimento terapeutico. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno  legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente» (PARTE III, SEZIONE II, CAPITOLO II, ARTICOLO 5, 2278)
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