domenica 11 settembre 2011

Violentata a 14 anni e frustata per punizione,muore una settimana dopo.



31 marzo 2011 - La legge islamica non perdona.
Applicazione testuale e letterale della legge islamica, la Shari’a? Porta anche a questo. Una ragazza di 14 anni, unicamente colpevole di star andando al bagno, è stata violentata da un suo anziano cugino, presa a sberle dalla moglie di lui, condannata dal locale imam a 100 frustate; dopo averne prese 70 è collassata, è stata portata d’ urgenza al più vicino ospedale dove è morta dopo una settimana. La bruta sequenza degli eventi ci mostra come la vita della giovane sia cambiata nel giro di pochi minuti.
BANGLADESH – La storia è sui media internazionali, ed è davvero raccapricciante. Succede a Shariatpur, nel Bangladesh centrale, non lontano da Dacca: come abbiamo detto, la giovane stava raggiungendo un bagno pubblico. Adesso qualcuno esperto di costumi islamici potrebbe anche sostenere che se fosse andata al bagno a casa sua, nulla sarebbe successo.
 L’ assalitore di Hina – così si chiama la ragazza – come abbiamo detto, un suo cugino, padre di famiglia con un figlio dell’età della sua vittima, era stato anche ammonito dalle autorità del villaggio: non era la prima volta che insidiava la ragazza.
Hena era la più giovane di cinque bambini nati da Darbesh Khan, un lavoratore interinale, e sua moglie, Aklima Begum. Avevano una capanna fatta di metallo ondulato e legno marcio e facevano una vita semplice che è improvvisamente cambiata un anno fa con il ritorno del cugino di Hena, Mahbub Khan. L’uomo è tornato a Shariatpur dalla Malesia, dove lavorava. Suo figlio è dell’età di Hina, e andavano a scuola insieme. Khan notò Hena e iniziò a darle fastidio sulla strada di scuola e ritorno, ha detto il padre di Hena. Si era anche lamentato con gli anziani del villaggio del comportamento del nipote, grande tre volte Hina. Gli anziani ammonirono Mahbub e gli inflissero una multa di 1000 dollari. Ma Mahbub era il figlio del fratello maggiore di Darbesh, e il padre di Hina fu costretto a lasciar correre.
Tommaso Caldarelli 
Insomma, è come se l’uomo fosse stato un pregiudicato. Una sanzione del genere, sebbene poi mai pretesa, è tanto, e funge da severa ammonizione. Ma non è affatto bastata, anzi, forse ha peggiorato la situazione. D’altronde l’uomo era ancora a piede libero.
VIOLENZA PUBBLICA – Così ha potuto agire indisturbato.
Una 14enne del Bangladesh sarebbe stata assalita mentre si dirigeva ad un bagno esterno, presa, picchiata e violentata da un uomo più anziano di lei (suo cugino). Sono stati trovati dalla moglie del violentatore, che ha picchiato Hina. L’imam della moschea locale ha emesso una Fatwa dicendo che Hena era colpevole di adulterio e doveva venir punita, e una corte tribale del villaggio ha inflitto a Hina una sentenza di 100 frustate pubbliche.
Non che l’uomo sia rimasto senza punizione: per l’esattezza, infatti, il tribunale tribale ha inflitto ad entrambi la pena della frusta. La ragazza ha dovuto subire 100 scudisciate, l’uomo il doppio, 200. Ma la ragazza, solo 14enne – come ben si capisce – non aveva alcuna colpa. “Relazione illecita”, è stata la fattispecie criminale per la quale i due sono stati puniti: come se Hina avesse avuto un qualche ruolo, in quella relazione illecita.
SUICIDIO? – E come se, soprattutto, Mahbub avesse preso qualche frustata – realmente. E’ scappato dopo le prime scudisciate, e nessuno l’ha fermata. Non così Hina, la cui schiena ha dovuto sopportarne 70, prima che il suo corpo collassasse definitivamente. E ciò che desta scalpore è la causa della sua morte, scritta sull’autopsia, che è stata addirittura falsificata dalle autorità mediche: Hina, secondo l’ospedale, si sarebbe addirittura suicidata.
Hina è svenuta dopo 70 frustate. Sanguinante e martoriata, è stata portata all’ospedale, dove è morta una settimana dopo. Incredibilmente, una autopsia iniziale non parlava di ferite e definiva la sua morte un suicidio. La famiglia di Hina insiste ora nel chiedere che il corpo venga esumato. Vogliono che il mondo sappia cosa è veramente successo alla loro figlia.
E dire che il Bangladesh è considerato un paese musulmano “moderato”, dove la Shari’a, la legge coranica, non viene di solito applicata in maniera letterale. Ora, dicono le autorità governative, una inchiesta accerterà le responsabilità. Ma nessuno riporterà Hena in vita. “Non abbiamo potuto fare altro che guardarla morire”, dicono i genitori.

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