sabato 10 settembre 2011

Wojtyla,e l'arcivescovo criminale




«Karol Woytila nei suoi lodevoli pellegrinaggi non si stanca mai di
invocare il rispetto dei Diritti dell’Uomo, ma questa posizione implica
innanzitutto, da parte di Roma, di non nascondere la verità, pur triste e
scomoda che sia» scrive Marco Aurelio Rivelli, del genocidio perpetuato
dagli Ustascia di Pavelic, in Croazia tra il 1941 e il 1945, con la copertura
e la partecipazione attiva della Chiesa cattolica croata, e del primate di
Zagabria, l’arcivescovo Stepinac. Quello stesso Stepinac, che chiudendo
gli occhi sulla natura criminale del regime di Pavelic, esaltava i suoi
meriti invitando i fedeli a seguirlo e a obbedirgli, e che oggi viene
beatificato, in oltraggio a quasi un milione di martiri, tra ortodossi, serbi,
ebrei, zingari, per lo più assassinati nel campo di sterminio di Jasenovac
(di cui oggi rimangono poche rovine).
Marco Aurelio Rivelli racconta la storia del genocidio dimenticato, nello
stato libero della Croazia, in un libro che pur scritto in italiano, in quanto
sintesi finale di uno studio conclusosi nel 1978, vede la luce solo oggi e
in lingua francese, presso la casa editrice di Losanna, L’Age d’Homme.
L’editore svizzero, fa capire che Marco Aurelio Rivelli in vent’anni non è
riuscito a pubblicare il suo studio presso un editore italiano, come se una
congiura del silenzio fosse scesa a difendere le omissioni e le
dimenticanze attive del Vaticano e di Pio XII sugli eccidi perpetuati dai
regimi nazi-fascisti nell’Europa della seconda guerra mondiale. Del
Vaticano che, secondo l’autore, ha preferito gridare alla persecuzione
comunista contro i cattolici croati, quando i tribunali della Iugoslavia di
Tito hanno cercato di mettere sotto processo i criminali ustascia e i loro
collaboratori cattolici, sacerdoti e alti prelati, spesso accusati di dirette
responsabilità nell’esecuzione di atti di violenza e di assassinio; ancora
del Vaticano perché ha favorito la fuga del dittatore ustascia, giunto a
Roma nel 1946 e ospite della basilica di San Gerolamo sulla via Cassia,
sotto il nome di Padre Benarez, prima di fuggire in Argentina e poi, dopo
la caduta di Peron, in Cile e definitivamente a Madrid, dove fu ospite fino
alla morte di un convento francescano.
Responsabilità di Pio XII che era perfettamente informato delle
conversioni forzate imposte agli ortodossi, e delle persecuzioni tremende
attuate nei campi di concentramento ustascia e nei due campi di steminio
(Jasenovac e Stara Gradiska, quest’ultimo riservato in particolare alle
donne e ai bambini).
Il massacro dei «nemici di Dio» prende inizio fin dai primi passi della
formazione dello stato indipendente croato quando il 16 aprile 1941 la
splendida sinagoga di Sarajevo, con la sua ricca biblioteca e i suoi archivi
storici viene distrutta dai nazisti e dagli ustascia. Uccisioni violente e
torture cominciarono subito per gli ebrei, con le stesse modalità che
vennero riservate agli ortodossi serbi e agli zingari. Il 26 giugno del 1941,
Ante Pavelic aveva già al suo attivo 180.000 vittime. Anche Mussolini
accorda la sua fiducia al governo ustascia, che un mese prima era giunto a
Roma in delegazione, ricevuto dal re Vittorio Emanuele e
successivamente dal Papa Pio XII. E tuttavia la persecuzione italiana in terra di occupazione ebbe esclusivamente un carattere di lotta antipartigiana. È dimostrato, infatti, che in questo caso, l’esercito italiano non
fu complice delle persecuzioni religiose o delle conversioni forzate ( Non
complice, ma alleato e protettore del governo fascista ustascia!)
La ricca documentazione proposta nel suo studio da Marco Aurelio
Rivelli conduce a una conclusione: il genocidio di quasi il 15-20% della
popolazione dello stato indipendente della Croazia (ebrei, serbi ortodossi
e zingari, circa un milione di vittime) fu perpetuato con l’attiva
collaborazione dei cattolici praticanti e con l’attiva partecipazione di
molti uomini della Chiesa a cui va ascritta anche la forzata conversione di
circa duecentomila ortodossi. Certo, non è questo il primo studio che
denuncia questi orrori: nel lontano 1965, lo storico C. Falconi diede alle
stampe un libro, oggi dimenticato e che pochi, in clima di guerra fredda
riuscirono a leggere: I silenzi di Pio XII (Milano, Sugar). Ma oggi che la
battaglia ideologica sembra finita e che la scommessa più alta è quella
della verità, senza omissioni e silenzi, perché il futuro alberga anche
nell’atto di giustizia che si compie verso le vittime e i carnefici del
passato, la storia di questo libro di Crivelli ci sembra grottesca.
Auspicando una sua prossima pubblicazione in lingua italiana, non si può
che chiedere al Vaticano e agli storici di contemporanei di fare luce e
chiarezza sulle ombre nere del passato che possono, se lasciate vivere,
gettare ombre oscure sul futuro della nostra civiltà.

fonte

Marco Aurelio Rivelli, Le Génocide occulté. Etat indipéndant de
Croatie 1941-1945, L’Age D’Homme, Losanna novembre 1998, pagg.
288 - traduzione dall’italiano di Gaby Rousseau

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