venerdì 9 settembre 2011

Papa Ratzinger 3°parte



L’avvocato Shea ha contestato l’ordine secondo il quale i presunti casi di pedofilia debbano essere giudicati solo da tribunali segreti. “Essi impongono procedure di riservatezza. Se le agenzie di investigazione scoprono il caso, possono occuparsene. Ma non si può indagare su un caso se non lo si scopre mai. Se si impone di mantenere il riserbo prima per diciotto anni e poi per altri dieci, i responsabili la faranno franca”, ha aggiunto.

Un portavoce dell’ufficio stampa del Vaticano ha rifiutato di commentare ciò che è stato detto sul contenuto della lettera. “Non trattandosi di un documento pubblico, non è possibile parlarne” ha detto.



In conclusione


La De Delictis Gravioribus a firma di Ratzinger, attribuisce dunque, alla Congregazione per la dottrina della fede, una propria autonoma “giurisdizione” che aveva il suo decorso dal momento della denuncia di un eventuale crimine, fino ai dieci anni successivi al giorno in cui il minore avesse compiuto i diciotto anni d'età. Secondo le istruzioni di Ratzinger, i resoconti delle “indagini preliminari” su ogni singolo caso di abuso avrebbero dovuto essere inviati all'ufficio di cui lui era a capo, il quale ne avrebbe riferito a speciali tribunali vaticani, al cui interno le cariche di giudice, pubblico ministero, notaio e rappresentante legale venivano ricoperte esclusivamente da ecclesiastici. “

Situazioni di questo tipo sono coperte dal segreto pontificio”, concludeva la lettera di Ratzinger. L'infrazione del segreto pontificio veniva intesa come una grave azione, perseguibile anche attraverso la scomunica.

Nell'estate del 2003 l’avvocato Carmen Durso di Boston (Massachusetts, USA) consegnò una copia dell'Istruzione del 1962 Crimen Sollicitationis al procuratore Michel J. Sullivan, chiedendogli di riscontrare gli elementi, all'interno della giurisdizione federale, per procedere contro le gerarchie vaticane, colpevoli, a suo avviso, di aver deliberatamente coperto i casi di abusi sessuali che vedevano coinvolti membri del clero.

Contestualmente, un'altra lettera arrivò sul tavolo del procuratore, firmata da Daniel Shea, avvocato di Houston (Texas, USA) ed ex seminarista, che aveva scoperto il documento del 1962 e ne aveva dato copia al quotidiano “Worcester Telegram & Gazette” di Boston e all'avvocato Durso.

Il caso venne portato all'attenzione pubblica internazionale dalla rete televisiva statunitense CBS. Le gerarchie vaticane si difesero sostenendo che le norme contenute nel documento del 1962 non avevano più alcun valore vincolante dal momento in cui erano entrate in vigore le riforme del Codice di diritto canonico, nel 1983.
In realtà, come spiegava l’avvocato Shea nella sua lettera e come evidenziato dal succitato testo in latino e nella sua traduzione in italiano, la Crimen Sollicitationis era citata come ancora in vigore in una nota dell'epistola De Delictis Gravioribus, firmata da Ratzinger.

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